Le fibre riciclate saranno mainstream passa da loro il futuro della moda

Secondo PwC il mercato delle fibre arriverà a 146 milioni di euro entro il 2030. Al momento le uniche fibre sostenibili ampiamente utilizzate sono il poliestere riciclato e cotone sostenibile. Molte aziende si stanno attrezzando, come dimostra il caso di RadiciGroup.

Il futuro del tessile e della moda sarà legato a doppio filo alla domanda di fibre riciclate. Grazie all’evoluzione del sistema di raccolta dei rifiuti tessili, alle tecnologie di riciclo meccanico e chimico in rapido avanzamento e ai brand dell’abbigliamento, sempre più interessati all’utilizzo di materiali riciclati nelle proprio collezioni, l’utilizzo di queste fibre è destinato a diventare mainstream. Ad affermarlo è uno studio di PwcRe-fiber: il futuro delle fibre tessili è sostenibile’. Secondo la ricerca, il mercato globale delle fibre, oggi pari a 110 milioni di tonnellate l’anno, cresce a una media annua del 2,8% ed entro il 2030 raggiungerà quota 146 milioni e le uniche fibre sostenibili a raggiungere una dimensione percentuale rilevante sono il poliestere riciclato e il cotone sostenibile. Nel caso del cotone, si stima che entro il 2025 il 50% del cotone proverrà da fonti sostenibili, come da obiettivo definito nel 2017 nell’ambito della 2025 Sustainable Cotton Challenge.

Nonostante, le proiezioni siano positive, il punto di partenza è ancora limitato. Nel caso del poliestere riciclato, per esempio, nel 2019 la quota della proposta riciclata rispetto alla produzione di poliestere complessiva è pari ‘solo’ al 14 per cento. “Per fibre sostenibili facciamo riferimento sia all’utilizzo di materiali riciclati sia all’impiego di processi di produzione a basso impatto ambientale”, spiega Omar Cadamuro di PwC. “Nel primo caso, che fa riferimento al mercato dei materiali riciclati il problema è legato alle performance e alle tecnologie disponibili. Le fibre riciclate che hanno le caratteristiche idonee per essere re-inserite nella catena del valore della moda scarseggiano a causa di processi di separazione e raccolta poco evoluti e allo stesso tempo le tecnologie di riciclo esistenti non sono adeguatamente avanzate per consentire il recupero di qualunque tipo di scarto presente sul mercato. Nel secondo caso invece, i processi di produzione a basso impatto non sono diffusi poiché difficili da implementare con costi maggiori. Questa condizione di scarsità di materia prima a fronte di una domanda sempre crescente da parte dei players delle moda provoca un innalzamento dei prezzi di mercato”. Inoltre, nonostante la domanda di prodotti riciclati sia in aumento, il grosso problema è dato dalle infrastrutture per le produzioni che “non sono ancora totalmente disponibili su vasta scala e necessitano di finanziamenti significativi prima che si possa rispondere pienamente alla domanda del mercato di massa”.

Una tra le aziende del settore moda più attente e attive sotto questo profilo è RadiciGroup, multinazionale il cui core business è legato alla poliammide e la cui filiera è verticalmente integrata. “RadiciGroup – spiega il presidente del gruppo, Angelo Radici – produce poliestere da riciclo da moltissimi anni con la capacità di soddisfare anche richieste di piccoli lotti. Di recente ci siamo inoltre dotati di una nuova linea che produce i cips partendo dalle scaglie di PET. Questo ci consente di ottimizzare ulteriormente il processo produttivo, grazie a un maggior controllo della catena e offrire filati di altissima qualità, che ci differenziano da quelli di provenienza asiatica”. La richiesta di prodotti sostenibili è un tema forte per il gruppo. “Le potenzialità ci sono, data la sempre maggiore attenzione ai temi di sostenibilità. C’è però bisogno di lavorare in squadra a tutti i livelli della filiera per trovare un giusto equilibrio tra performance tecniche e ambientali. E i produttori di materie prime, con una profonda conoscenza della chimica dei materiali, giocano un ruolo fondamentale. Anche Collant Oroblù realizzati con i filati da riciclo prodotti da RadiciGroup in tema riciclabilità a fine vita”.

Proprio sul fronte del riciclo, per l’azienda da un miliardi di ricavi nel 2020, “la parola chiave è eco-design: progettare cioè qualsiasi capo di abbigliamento in ottica della sua riciclabilità a fine vita”. “Se pensiamo ad esempio a una giacca invernale in nylon – aggiunge Angelo Radici – bisogna tenere conto dei vari elementi di cui è composta: tutte le sue parti, dal tessuto agli accessori come ad esempio imbottitura, zip, velcri, bottoni dovrebbero essere mono-materiale o composte da pochi materiali tra loro chimicamente affini per poter riciclare “agevolmente” il prodotto a fine vita. Nel caso del nylon, il riciclo meccanico è la via più sostenibile da percorrere per recuperare un capo realizzato con questa fibra sintetica”. “Per noi il futuro sostenibile non è di chi lo immagina, è di chi lo fa”, sottolinea Radici. E per il futuro il gruppo continua a portare avanti il modello di business improntato sulla circolarità. “Già oggi tutti i nostri materiali sono riciclabili, essendo materiali termoplastici. Stiamo lavorando sull’ampliamento dell’offerta di prodotti provenienti dal recupero, in nylon e in poliestere, così come di origine bio”.

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