Si è chiusa ieri 13 luglio, dopo tre giorni dedicati al tessile e accessorio d’alta gamma, la 37esima edizione di Milano Unica, con 4.701 presenze complessive. Un risultato che segna un rialzo del 16% sull’edizione di luglio 2022 e suddiviso tra 1.583 aziende estere (+26%) e 3.118 italiane (+11%), che hanno visitato i 562 espositori presenti tra i consueti spazi espositivi di Fiera Milano Rho con le proprie collezioni autunno/inverno 2024-25.
Ancora più sensibile rispetto a un anno fa, il ritorno massiccio dei buyer internazionali, riscontrato dalle aziende che hanno presenziato alla fiera e testimoniato anche dai numeri di chiusura. Riguardo alla provenienza geografica delle aziende visitatrici, gli Usa con 165 aziende presenti si confermano al primo posto (+2%), seguiti da Gran Bretagna con 122 aziende (+28%), Francia con 117 (+52%), Giappone 100 (+94%), Svizzera 110 (+16%). La Germania si conferma con 93 presenze, Spagna 87 (+34%), Corea del Sud 65 (+100%), Paesi Bassi 48 (+33%). Degna di nota, inoltre, la presenza di 97 aziende provenienti dalla Cina e 24 da Hong Kong.
L’appuntamento ha coinciso con un momento cruciale per il comparto, che dopo l’euforia post-Covid va incontro a sfide già note, dai rincari a una supply chain ancora rallentata, e nuove, tra cui la maggiore cautela negli ordini da parte delle aziende, a fronte dello spettro delle giacenze. Ma il mondo dell’alto di gamma, fortemente rappresentato dalla kermesse, si dimostra ancora una volta resiliente. “Il lusso ha conosciuto un’esplosione nel 2022 e vive una sostanziale continuità di slancio nel 2023, che non accenna ad arrestarsi”, ha spiegato a Pambianconews Alessandro Barberis Canonico, presidente di Milano Unica.
“L’inflazione ancora molto alta affligge soprattutto la parte medio-bassa del mercato, mentre quella più in alto non ne viene intaccata in modo significativo”, prosegue. “E poi, nei momenti di ripresa come questo, la fiera aiuta a raccogliere nuove aziende, che vengono proprio per intercettare i flussi di settore. Forte il ritorno dell’Asia, con Cina e Corea, e il consolidamento degli Stati Uniti”. In generale, sarà comunque un anno di assestamento con, dopo il forte boom del 2022, il conseguente ‘effetto stock’ a monte e l’inevitabile strozzatura a livello della confezione, che fa sì la merce arrivi a fatica nei negozi, spiega l’imprenditore.
Critico per la ripartenza di molti Paesi, inoltre, il noto tema della carenza di manodopera, soprattutto per quanto riguarda i profili più tecnici e specializzati del settore. “Una questione che ha a che fare con la capacità del comparto di offrire opportunità attrattive ma anche con la ‘sovraistruzione’, che porta i più giovani a puntare a ruoli diversi, e con il work life balance, che appare poco conciliabile con i turni in azienda”.
Tra le tendenze emerse sotto i riflettori della manifestazione, il ritorno del classico, soprattutto maschile. “Rivisitato, molto diverso nelle forme e nella fisionomia, ma il formale è ormai tornata, proprio con i tessuti che sanno fare bene le aziende raccolte in fiera, con alle spalle una forte tradizione”, continua Barberis Canonico. “La cerimonia ha ritrovato linfa vitale subito dopo il Covid, e la voglia di vestirsi bene e del bello sembra essersi ravvivata, a scapito del casual”.
Ancora una volta centrali nel palinsesto della fiera, transizione gree e innovazione. Accanto all’area ‘Sostenibilità Creativa’, con esposti solo campioni sostenibili, trova spazio persino il Metaverso, in virtù di un progetto in collaborazione con PwC Italia pensato per offrire un’esperienza amplificata della fiera e una visione sul futuro tessile.