Tabula rasa, si riparte dai vestiti. È quello che si è percepito sin dalla prima uscita della collezione autunno/inverno 23-24 di Balenciaga, un balzer nero oversize accompagnato da un doppio pantalone, ed è quanto aveva anticipato già lo scorso mese Demna (direttore creativo della maison) a Vogue. “Sono tornato a tagliare giacche e pantaloni, a sperimentare modelli e forme. Non posso spiegarlo in altro modo se non con il fatto che mi sono rifugiato nell’attività che amo: creare vestiti”, aveva dichiarato alla testata il designer georgiano. E così è stato: nessuna stravaganza, nessun messaggio politico, pochi accessori e nulla che potesse potenzialmente risultare ‘sopra le righe’ – in netto contrasto con le strategie di comunicazione, volutamente provocatore, messe in atto fino ad ora dal brand.
Un cambio di rotta fortemente voluto anche dalla proprietà, Kering, e necessario dopo l”incidente mediatico’ che ha travolto la griffe a partire dallo scorso novembre, quando, a seguito di due campagne pubblicitarie, il brand è stato accusato di aver realizzato e diffuso materiale pedopornografico. Incidente, in aggiunta, avvento subito dopo il ‘caso Kanye West‘, artista noto anche per la sua vicinanza al designer e che con le sue dichiarazioni controverse aveva già messo in ombra il marchio (per il quale aveva persino sfilato), senza che mai lo stesso direttore creativo si esprimesse a riguardo. Un domino mediatico che in pochi mesi ha portato all’allontanamento della brand ambassador Kim Kardashian, alle scuse pubbliche di Demna – rilasciate dopo un lungo silenzio stampa – e causato svariati tentativi di boicottare le vendite della casa di moda francese tramite i social.
“La moda è diventata una sorta di intrattenimento, ma spesso questa parte mette in ombra la sua essenza, che risiede nelle forme e nei volumi, nelle silhouette, nel modo in cui creiamo relazioni tra corpo e tessuto, nel modo in cui creiamo linee di spalla e giromanica, nel modo in cui gli abiti hanno la capacità di cambiarci”, ha scritto Demna in un comunicato lasciato sui seat prima della sfilata. “Negli ultimi due mesi ho avuto bisogno di cercare un rifugio per la mia storia d’amore con la moda e l’ho trovato istintivamente nel processo di creazione degli abiti. Mi ha ricordato ancora una volta il suo incredibile potere di farmi sentire felice e di esprimere veramente me stesso. Ecco perché per me la moda non può più essere vista come un intrattenimento, ma piuttosto come l’arte di fare vestiti”.
Ad evidenziare il cambiamento messo in atto non sono stati soli i vestiti, ma anche il setting della sfilata: austera, delineata da luci e spazi bianchi e ripulita da qualsiasi ‘fango’ dell’ultima presentazione, la collezione primavera/estate 2023. Uno show che ha fortemente diviso la critica di moda, tra chi ha definito il cambiamento come un atto dovuto, un ‘mea culpa’ necessario, e tra chi ha invece definito quanto sfilato in passerella come la morte della creatività, schiacciata sotto il peso mediatico della società contemporanea. Una sfilata che rappresenta però un importante palco di prova per la maison. Un test per dimostrare se si può davvero ripartire, come suggerito dallo stesso Demna, da una giacca, o se la direzione creativa di uno dei designer più influenti degli ultimi anni potrebbe essere stata invece compromessa per sempre.