Ralph Lauren mette al centro delle sue strategia la sostenibilità con il lancio di una nuova strategia, battezzata “Design the Change” e presentata come parte del suo rapporto per l’anno fiscale 2019. Il gruppo statunitense dà così prova di volersi focalizzare su tematiche importanti come l’ambiente, strutturando il nuovo programma in tre aree: “creare uno stile senza tempo, proteggere l’ambiente e sostenere vite migliori”. In tutto sono 16 gli obiettivi che la casa di moda si è prefissata per guidare il proprio impegno in cause ambientali e sociali. Tra questi, raggiungere il 100% di materiali di origine sostenibile, compreso il cotone, entro il 2025; formare annualmente team di progettazione e sviluppo prodotto su tematiche green, circolari, inclusive e culturalmente consapevoli; fissare obiettivi scientifici di riduzione dei gas a effetto serra entro il 2020 e obiettivi di energia rinnovabile al 100% entro la fine del 2019. In aggiunta, la label punta a formare sui temi della circolarità e dell’inclusione anche il proprio team di sviluppo prodotto, sempre entro il 2020.
Ma gli sforzi di Ralph Lauren riguardano anche le risorse umane, e nello specifico il tema della parità di genere: il gruppo ha reso noto di voler raggiungere un’eguale rappresentanza di posizioni tra uomo e donna dal ruolo di vice president in su e di voler aumentare del 25% la presenza di donne nel management delle fabbriche entro il 2025.
“Quando Ralph ha fondato la nostra azienda più di 50 anni fa, lo ha fatto con la convinzione che tutto ciò che creiamo è destinato a essere indossato, amato e trasmesso per generazioni”, ha spiegato Patrice Louvet, CEO e presidente di Ralph Lauren. “Questa filosofia è profondamente radicata nella nostra cultura, nei nostri marchi e nel nostro scopo. Vogliamo essere d’ispirazione per una vita migliore attraverso l’autenticità e uno stile senza tempo. Design the change è un progetto che accelererà i nostri sforzi per creare un impatto positivo nella società e un futuro più green”.
La società ha inoltre annunciato di aver firmato il Global Compact delle Nazioni Unite, unendosi ad altre aziende di tutti i settori per implementare i principi universali di sostenibilità e prendere provvedimenti per appoggiare gli obiettivi dell’Onu.
Gli sforzi del comparto fashion di tutto il mondo in termini di ecologia e trasparenza si sono fatti di recente sempre più importanti, e la lista dei progetti in merito sembra allungarsi di giorno in giorno. Tra i tanti big ad aver annunciato obiettivi green si ricordano i nomi di Adidas (che userà solo plastica riciclata entro il 2024), H&M (i cui annunci sul fronte circular si sono moltiplicati nell’ultimo periodo), Zalando (che ha parlato di packaging riciclato soltanto poche settimane fa).
Nel lusso, la filosofia green ha riguardato anche e soprattutto i molteplici addii all’utilizzo di pellicce animali o pelli esotiche: ad annunciarlo sono stati, ad esempio, Chanel, Prada, Jean Paul Gaultier, Gucci, Armani e Versace.
Nonostante queste frequenti dichirazioni, un recente report di Global Fashion Agenda, Boston Consulting Group e Sustainable Apparel Coalition ha messo in luce come gli sforzi dell’industria della moda per ridurre il suo impatto non crescono tanto velocemente da compensare i risvolti che il suo sviluppo ha sull’ambiente e sulla forza lavoro. Benché la performance sociale e ambientale del settore sia migliorata nell’ultimo anno, la velocità di questa progressione è diminuita “di circa un terzo”. I miglioramenti farebbero per lo più capo a brand che stanno gettando le basi della loro strategia di sostenibilità, fissando gli obiettivi primari e una governace migliore. A rallentare sarebbero invece le soluzioni di grandi aziende che già hanno fatto i primi passi e che ora sono chiamate a rendere più sistemici i cambiamenti attuati.