Hugo Boss taglia i prezzi in Cina, aumenta i volumi, ma (per ora) non a sufficienza per riequilibrare i conti nell’area. Risultato, il trimestre si chiude con un calo dei profitti del 49% a 38,5 milioni di euro, mentre le vendite sono scese del 4% a 643 milioni di euro, un dato inferiore alle attese degli analisti. Come già evidenziato nelle trimestrali di Lvmh, Richemont e Burberry, l’andamento sconta la riduzione delle vendite da parte dei turisti e il rallentamento della domanda di alcune città chiave come Hong Kong.
Il gruppo ha registrato flessioni generalizzate in tutte le regioni: in Europa il calo si è attestato sul 2% (-1% a cambi correnti), in America dell’8% in valuta locale e negli Stati Uniti il calo si è attestato sul 16% adjusted, nell’area Asia Pacifico del 5% e nella sola Cina dell’11%, escludendo gli effetti del cambio delle valute. Per sostenere le vendite nel mercato cinese il gruppo ha annunciato lo scorso febbraio il riallineamento dei prezzi con il taglio del 20% del listino della spring collection. Una misura che, secondo quanto riportato dalla maison nella nota, avrebbe aiutato la domanda, consentendo una crescita del 10% dei volumi in Cina.
Il gruppo ha annunciato l’intenzione di mettere a punto un piano per il taglio dei costi di 50 milioni nel 2016 attraverso la rinegoziazione dei contratti di locazione. Inoltre taglierà gli investimenti annuali dai 220 milioni di euro del 2015 ai 160-180 milioni previsti per quest’anno con la riduzione del numero di negozi. Per quanto riguarda la Cina, Hugo Boss aveva già annuciato la chiusura di una ventina di negozi nella regione. L’etichetta si attende per il 2016 una crescita delle vendite “low single digit”.