“Incontriamoci al tavolo o ci vediamo al Met”, avevano minacciato nei giorni scorsi alcuni impiegati di Condé Nast, e sembrerebbe proprio che Anna Wintour non permetterebbe a niente e nessuno di mettere in ombra la celebre serata di gala, organizzata per raccogliere fondi per il Metropolitan Museum of Art Costume Institute. A poche ore dall’inizio dell’evento mondano più importante del fashion system infatti, il Condé Nast Union (il sindacato che rappresenta i dipendenti di numerose testate tra cui Vanity Fair, Vogue e GQ, ndr), che aveva minacciato di lasciare il lavoro oltre che protestare proprio in occasione del red carpet, è riuscito a trovare un accordo con il gruppo editoriale americano.
“A nome del comitato di contrattazione manageriale e dei dirigenti dell’azienda, siamo lieti di aver raggiunto un accordo provvisorio con il sindacato… Siamo felici di avere un contratto che riflette e sostiene i nostri valori fondamentali: i nostri contenuti e il nostro giornalismo”, ha fatto sapere in una mail inviata al personale, come riportato da Business of Fashion, Stan Duncan, chief people officer di Condé Nast.
Da mesi gli iscritti al sindacato chiedevano infatti a gran voce salari equi e uno stop alla pratica di sostituire i membri interni con liberi professionisti, “raggiungendo subito un accordo con i lavoratori”. E nel mirino era finita proprio Wintour, come recitavano alcuni slogan dei protestanti: “Anna wears Prada: workers get nada’. Sempre secondo quanto si legge sulla testata inglese, e secondo un comunicato della NewsGuild di New York (l’ente organizzatore del sindacato, ndr) il nuovo contratto prevede ora 3,6 milioni di dollari (circa 3,3 milioni di euro al cambio corrente) di aumenti salariali e otto settimane di indennità per i dipendenti licenziati. Su Instagram, il sindacato ha dichiarato di aver stabilito anche un salario di partenza di 61.500 dollari. I membri voteranno per ratificare il contratto alla fine di questa settimana.
Nel novembre 2023, Condé Nast ha annunciato l’intenzione di licenziare il 5% della sua forza lavoro, che comprende il 17% degli iscritti al sindacato. Da allora si sono succedute trattative sul contratto e sui licenziamenti che, secondo il sindacato, recentemente si erano arenate. Sia la direzione di NewsGuild che il management di Condé Nast hanno presentato denunce reciproche di pratiche di lavoro sleali al National Labor Relations Board in merito alle rispettive pratiche di contrattazione.