Dopo dieci anni dall’ultima intervista, la fashion designer Phoebe Philo ha scelto il New York Times per raccontare il suo nuovo progetto lanciato lo scorso ottobre. La stilista ha messo solo online la sua omonima linea di abbigliamento, segnando un comeback che molte appassionate di moda aspettavano sin dal suo addio alla direzione creativa di Celine, avvenuto nel 2017. Nota per la sua riservatezza Philo ammette subito di non essere portata per il racconto ma che preferisce siano le sue collezioni a parlare per sé: “Non credo ci sia un’enorme quantità di storytelling da fare. Non mi interessa particolarmente. Non sento di aver bisogno di replicare questo aspetto di altre maison, non è semplicemente necessario. In una certa misura qualcosa ti piace o non ti piace. Qualcuno che mi racconta una storia non me la farà piacere di più. È un cappotto. Si tratta di pantaloni. Apprezzo la schiettezza”.
Sulla pressione relativa al suo ritorno la designer non dubbi: “Forse c’era l’aspettativa che avrei potuto provvedere tutto a tutti immediatamente. Il che è semplicemente impossibile. Ci vuole tempo e impegno per realizzare la maggior parte delle cose che hanno un significato”. Lo sviluppo della collezione viene definito “molto intuitivo, una risposta a ciò che vedo intorno a me, a come vedo le donne vestirsi, a come mi sento, al mio rapporto con i vestiti”.
Sulla necessità, implicitamente al fulcro del sistema moda, di cambiare costantemente abiti Philo si oppone fermamente: “Non credo debba essere così. Oggi continuo a indossare abiti che ho avuto per 20 anni. Uno dei miei pantaloni preferiti è un paio di Chloé che ho realizzato io (Philo è stata al timone del marchio dal 2001 al 2006, ndr). Per me questi capi sono importanti, non voglio sbarazzarmene”.
Sin dal lancio del primo ‘delivery’ è stato evidente il posizionamento molto alto del marchio: tote bag a 6.800 sterline (7.700 euro circa) pantaloni a 3.800, maglie a 1.800 sterline e così via. Nonostante ciò il primo drop è andato sold out quasi subito. Philo ha inoltre introdotto il termine ‘edit’ in sostituzione di stagione, ciascun edit viene suddiviso in due spedizioni, attualmente è in vendita la seconda trance dell’edit 2, alla fine di questo mese arriverò il secondo delivery. Come sottolinea il New York Times, il marchio è stato criticato per i prezzi elevati e alcuni problemi relativi a resi e spedizioni. La designer ha spiegato che stanno lavorando per semplificare la politica dei resi, offrendo più modalità di pagamento e avvisando i clienti iscritti al sito quando un pezzo che piace è di nuovo disponibile. Man mano che le collezioni diventeranno più complete, ci sarà una gamma più ampia di prezzi, con alcuni articoli in maglia relativamente più convenienti. “L’intenzione, in realtà, è che i pezzi restino lì per un po’. Devono essere realizzati bene e devono essere frutto di un’attenta analisi, il che tende ad avere un costo”.
La scelta di creare un database online di clienti serve ad aiutarla a capire quanto dovrebbe produrre per soddisfare il suo mercato senza ritrovarsi con stock di invenduti, incoraggiando le clienti a costruire un guardaroba lentamente, nel tempo. Ecco perché alle clienti è stato chiesto di registrarsi via e-mail per essere avvisati sulle consegne.
Osservando il cambiamento delle abitudini d’acquisto durante il Covid, la stilista ha pensato di lanciare il proprio brand solo online ma adesso è pronta anche al debutto nel retail ed entro l’estate spera di aprire una sorta di spazio fisico, anche solo temporaneo, prima a New York e poi a Londra. Philo ipotizza anche la possibilità di allestire una sfilata, prima o poi anche se, “nel mondo di oggi, dove c’è così tanta moda, e così tanta grande moda, cerco di ricordare che la maggior parte delle grandi maison sono iniziate con un essere umano che aveva un’idea su ciò che voleva fare”.