L’export di orologi svizzeri conferma il segno più a settembre, ma con un ritmo più lento rispetto al mese precedente, frenato dall’andamento delle vendite nei due mercati di riferimento, gli Stati Uniti e la Cina. Il rendiconto mensile è quello della Federazione dell’industria orologiera elvetica (FH): nel mese, le esportazioni si sono attestate a 2,3 miliardi di franchi (2,4 miliardi di euro), con una progressione su base annua del 3,8 per cento. Ad agosto la crescita era pari al quattro per cento. L’espansione è avvenuta malgrado l’andamento negativo di Stati Uniti (-6,4%) e Cina (-5,5 per cento). In forte crescita Hong Kong (+24%), mentre Giappone e Regno Unito segnano, rispettivamente, un +8,7% e un +3 per cento. Completa la top sei delle principali piazze di approdo Singapore, che ha mostrato una lieve contrazione (-2,7 per cento).
“L’evoluzione di settembre conferma l’attesa normalizzazione della crescita”, riporta la nota della Federazione. Nei primi nove mesi dell’anno l’export orologiero è progredito dell’8,6% (a 19,6 miliardi) rispetto agli stessi mesi del 2022.
L’andamento delle esportazioni in relazione ai segmenti di prezzo si presenta sfaccettato: gli orologi da meno di 200 franchi hanno mostrato un incremento del 4,3% in termini di valore, la gamma 200-500 una contrazione dello 0,4%, il comparto 500-3000 segna -10,4%, mentre la fascia oltre i tremila franchi riporta un +8,2 per cento.
A commento dei dati, la Federazione svizzera sottolinea che gli ultimi due anni hanno avuto una crescita record e quindi la base di paragone “non è favorevole”. Dopo la netta flessione del 2020, a causa della pandemia, nel 2021 ha raggiunto i 22,3 miliardi di franchi (+31,2%, superando il record del 2014) e quota 24,8 miliardi nel 2022 (+11,4 per cento).