Ostacoli all’orizzonte per lo sbarco in Borsa di Shein. A mettere i bastoni fra le ruote al drago del fast fashion, riporta l’agenzia Reuters, è un gruppo di legislatori americani bipartisan, che ha chiesto alla Securities and Exchange Commission (Sec) di sospendere l’offerta pubblica iniziale in cantiere fintanto che non saranno state fatte le debite verifiche riguardo al dietro le quinte della produzione di Shein, accusato di sfruttamento e lavori forzati.
Nello specifico, la cordata vuole che la Sec incarichi Shein di controllare e verificare in modo indipendente, si legge ancora sull’agenzia, “che la società non utilizzi il lavoro forzato uiguro come condizione per essere registrata per emettere titoli negli Stati Uniti”, afferma la lettera redatta a tal proposito.
Un rapporto di Bloomberg del 2022 aveva infatti scoperto che i capi a marchio Shein contenevano cotone proveniente dalla regione cinese dello Xinjiang, nell’occhio del ciclone per la violazione dei diritti umani a discapito della minoranza etnica degli uiguri.
La quotazione del colosso cinese della moda low cost è nell’aria ormai da tempo, naturale evoluzione della spasmodica crescita messa a segno da Shein negli ultimi anni. Una crescita che ha portato l’e-tailer a raggiungere la capitalizzazione di 100 miliardi di dollari (circa 91 miliardi di euro) ad aprile 2022, traguardo poi sceso intorno a quota 64 miliardi all’inizio del 2023, secondo l’ultimo dato divulgato in occasione del round di finanziamento da 2 miliardi che aveva coinvolto il fondo sovrano degli Emirati Mubadala, oltre che investitori già presenti come General Atlantic e il gruppo di venture capital Sequoia Capital China.
Nonostante il rallentamento all’indomani del Covid, Shein è comunque quantitativamente una spanna sopra i competitor occidentale del fashion a basso prezzo e, con un modello di business che dal 2008 verte sulla crescita spasmodica e sulla produzione di un’ingente mole di capi e accessori a prezzi stracciati, ha raccolto detrattori spaventati dalla sua insostenibilità e dalla concorrenza impari verso le imprese locali.
Intanto, Shein continua a ripulire la proprio brand image: l’ultima, recentissima, iniziativa riguarda il fondo dedicato all’efficientamento della supply chain, così malvista da investitori, aziende e consumatori, che l’azienda ha rimpinguato con ulteriori 55 miliardi di dollari (i quali si sommano all’iniziale budget da 15 miliardi).