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Metaverso? Just do it. Nike registra i suoi brand per uso in contesti virtuali

Un'immagine dal sito Nike.com

Metaverso? Just do it. Nike registra i suoi brand per uso in contesti virtuali

Di Giulia Sciola
3 Novembre 2021

Il metaverso come nuova terra dell’oro? A crederci non è solo Mark Zuckerberg, che negli scorsi giorni ha annunciato il cambio del nome della sua azienda da Facebook a Meta, ma anche Nike, che ha presentato quattro richieste allo Us Patent and Trademark Office per proteggere i suoi marchi in diverse categorie tra cui “beni virtuali scaricabili” e servizi correlati per negozi al dettaglio e per l’intrattenimento. In sintesi, estendere l’applicazione dei propri marchi registrati anche a prodotti pensati per il mondo virtuale. Gli articoli indicati dal colosso di Beaverton nei documenti includono copricapi, occhiali, borse, zaini e attrezzature sportive.

La richiesta, che fa ipotizzare una maggiore presenza di Nike nella realtà virtuale, coinvolge tanto il brand Nike quanto il motto “Just do It” e lo swoosh, il logo del numero uno dello sportswear. A ridosso sarebbe stata depositata la domanda anche per Air Jordan e per il relativo Jumpman.

A oggi, Nike avrebbe preferito non rilasciare commenti.

“I beni virtuali, compreso l’abbigliamento, stanno generando sempre maggiore interesse man mano che i consumatori fanno incetta di item come l’arte digitale e le skin (decorazioni come abiti e accessori per personaggi virtuali) per videogiochi popolari come Fortnite e Nba 2K“, si legge su Bloomberg. Il gaming è del resto uno degli ambiti di applicazione di questi nuovi ‘oggetti’ virtuali.

Dal canto loro, i brand del lusso sono scesi in campo con le prime vendite in ambito virtuale. A ottobre, una collezione Nft di Dolce & Gabbana ha raccolto circa 5,7 milioni di dollari all’asta. Gli Nft, acronimo dell’espressione inglese ‘Non-Fungible Token’, sono dei certificati di autenticità digitale che designano, in quanto virtuali, dei contenuti intangibili e potenzialmente replicabili all’infinito. A renderli unici è la certificazione che avviene tramite blockchain, sistema che regola e registra transazioni e tracciamenti, e che nel caso degli Nft certifica opere d’arte e videogiochi, beni di lusso e, naturalmente, pezzi d’alta moda.

Lo scorso 11 marzo, l’opera digitale ‘The First 5000 Days’ di Mike Winkelmann, meglio conosciuto come Beeple, è stata venduta per 69 milioni di dollari dalla casa d’aste britannica Christie’s, spingendo sempre più in là il confine degli spazi presidiati dall’arte. È stata sempre Christie’s a mettere all’asta l’opera ispirata al fashion film ‘Gucci Aria’, co-diretto da Alessandro Michele e dalla fotografa Floria Sigismondi, venduto all’asta per 20mila dollari.

Nike ha chiuso i tre mesi terminati il 31 agosto con vendite da 12,2 miliardi di dollari (circa 10,4 miliardi di euro), in crescita del 16% su base annua, risultato positivo che ha però disatteso le aspettative degli analisti. Migliore la performance, che ha invece battuto le stime, dell’utile registrato nei tre mesi, pari a 1,87 miliardi di dollari contro gli 1,51 miliardi del corrispondente quarter dell’anno precedente. Incessante la crescita dell’e-commerce (+25%), spinto soprattutto dalla crescita del Nord America a quota +43 per cento.

Il gigante dello swoosh è da sempre all’avanguardia nell’esplorazione di nuovi territori di crescita e tutela dell’autorevolezza del proprio brand: già ne 2019, Nike si era mossa per ‘legare’ le sue sneakers a un asset digitale ancorato alla blockchain e contrastare gli episodi di contraffazione. La tecnologia in questione è il brevetto CryptoKicks, grazie al quale si può associare ad ogni scarpa un’identità digitale.

Stando a quanto riferito dalla stampa specializzata, da fine ottobre sarebbero inoltre aperte alcune posizioni lavorative in Nike per creare contenuti in questo settore: il gruppo sarebbe alla ricerca di “virtual material designer of footwear” e di un “virtual designer” da inserire nel proprio team.

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