Ad aprire le danze ci ha pensato Farfetch lo scorso autunno, debuttando al New York Stock Exchange con il ticker FTCH e un obiettivo di raccolta di 885 milioni di dollari (circa 780 milioni di euro). Gli Stati Uniti, però, vedranno altri debutti sui listini anche nel 2019, con l’avvio degli scambi, tra gli altri, per i titoli di aziende del settore moda e per numerosi player dei servizi web. L’ultimo a confermare l’approdo in Borsa è stato Pinterest, social network basato sulla condivisione di fotografie, video e immagini, che nei giorni scorsi ha depositato alla Securities and Exchange Commission (Sec) la documentazione per una sua Initial public offering. Secondo il Wall Street Journal al lavoro sulla quotazione ci sarebbero Goldman Sachs e JPMorgan. Pinterest, guidato da Ben Silberman, potrebbe raccogliere circa 1,5 miliardi di dollari con il debutto in Borsa, che dovrebbe concretizzarsi entro i primi sei mesi del 2019.
Pinterest non è l’unico big del web pronto a scaldare il Nyse. Se Spotify, il servizio di streaming musicale, è un’azienda pubblica dallo scorso aprile, tra le società che starebbero addirittura accelerando l’iter di quotazione c’è Uber, il servizio di trasporto taxi su app, che conta di avviare gli scambi entro la prima meta del 2019 e, soprattutto, prima della rivale Lyft (poco conosciuta in Italia, ma in netta crescita negli Usa). Quella di Uber, con una valutazione che tocca i 120 miliardi di dollari, si annuncia come una delle Ipo più grandi di sempre nel settore. L’azienda nata nel marzo 2009 ha un fatturato di circa 37 miliardi di dollari. Nel mondo tech c’è attesta anche per lo sbarco in borsa di altre big come Slack, nome di spicco nel mondo dei software di collaborazione aziendale utilizzati per inviare messaggi, e Zoom, player delle video-comunicazioni. Chi dovrebbe decidersi a breve, infine, è Airbnb, che la cui roadmap per la Borsa, avviata nel 2016, ha subito diverse battute d’arresto.
Nell’anno in corso potrebbe arrivare anche l’Ipo del second hand di The RealReal, il reseller online americano, che ha avviato un dialogo con le banche di investimento. A riferirlo, lo scorso gennaio, sono state fonti vicine all’azienda, che non ha però commentato le indiscrezioni. A incoraggiare la richiesta di un prospetto di quotazione agli advisor avrebbero contribuito i 115 milioni di dollari di finanziamenti privati raccolti in un round condotto da Perella Weinberg Partners, con una partecipazione aggiuntiva di Sandbridge Capital e Great Hill Partners. L’operazione aveva valutato la compagnia 745 milioni di dollari.
Nel settore moda, però, l’attesa più calda è per il ritorno in Borsa di Levi Strauss & Co, che rivede Wall Street dopo 35 anni. Il colosso del denim ha presentato alla Sec la domanda di quotazione e vorrebbe approdare al New York Stock Exchange con il simbolo “LEVI”. Nella documentazione ufficiale Levi’s fissa l’obiettivo di raccolta a 100 milioni di dollari, ma tale cifra funge semplicemente da placeholder, valore formale calcolato in funzione delle tasse di registrazione. Secondo quanto si legge sulla stampa internazionale, con la quotazione Levi’s dovrebbe raccogliere fra i 600 e gli 800 milioni di dollari da usare anche per acquisizioni e investimenti strategici. Per la Cnbc, la valutazione di Levi’s dovrebbe raggiungere i 5 miliardi di dollari. A gestire l’Ipo è un underwriting team di 12 membri, tra cui Goldman Sachs, JPMorgan, BofA Merrill Lynch e Morgan Stanley. L’azienda fondata nel 1853 a San Francisco aveva debuttato in Borsa nel 1971, raccogliendo 50 milioni di dollari (all’epoca si trattò della più grande quotazione americana di sempre), per poi tornare privata, con un leverage buyout da parte dei discendenti del fondatore, nel 1984.