Tadashi Yanai scrive a mezzo stampa un ‘testamento’ imprenditoriale, ma anche, e soprattutto, spirituale che evidenzia il profondo cambiamento culturale in atto. Il settantenne patron di Fast Retailing, il colosso giapponese a capo di Uniqlo, ha spiegato, in un’intervista che sta facendo il giro dei media mondiali, che vorrebbe che il suo successore al timone del gruppo che punta a 20 miliardi di euro di fatturato fosse una donna.
“Il lavoro è più adatto a una donna”, ha dichiarato l’amministratore delegato di Uniqlo. “Sono perseveranti, attente ai dettagli e hanno uno sviluppato senso estetico”.
Secondo i media, tra le possibili future candidate a eredi del magnate giapponese figurerebbe il nome di Maki Akaida, nominata di recente CEO di Uniqlo Japan, l’unità più redditizia del marchio. Alla domanda se potrebbe in futuro consegnare la redini dell’azienda alla manager, Yanai ha risposto: “È una possibilità”.
Yanai ha inoltre aggiunto di voler incrementare il numero di senior executive di sesso femminile (ad oggi sono sei le donne che ricoprono tale posizione), portandolo a oltre la metà del totale. Attualmente, il 30% delle donne assunte in azienda ricoprono posizioni di rilievo. Un dato positivo che arreca beneficio a un Paese che si confronta, probabilmente anche per retaggio culturale, con un gender gap ancora notevole in ambito manageriale.
Nel frattempo, Uniqlo si prepara ad alzare le saracinesche del suo primo store italiano, in apertura il 13 settembre al civico 3 di Piazza Cordusio, a pochi passi dal Duomo di Milano.