Warby Parker ha aperto (vorticosamente) le danze della sua Ipo. È avvenuto ieri, 29 settembre, il debutto al Nyse del retailer americano di occhialeria, valutato tre miliardi di dollari (circa 2,56 miliardi di euro) nel suo ultimo round di finanziamento del 2020. Operazione attraverso cui la società aveva raccolto 120 milioni di dollari (103 miliardi di euro).
Lo sbarco sui listini azionari, però, è riuscito a battere le attese: Warby Parker ha aperto le negoziazioni a 54,04 dollari per azione (46,57 euro), contro un valore di collocamento fissato a 40 dollari. Nel resto della giornata, il titolo si è mantenuto stabile, salvo piccole fluttuazioni di un dollaro, chiudendo con un guadagno del 36%, e portando il rivenditore di eyewear a un valore di mercato pari a circa 6,1 miliardi (5,26 in euro) nella seconda quotazione della settimana, più del doppio del valore precedentemente raggiunto.
Tiger Global Management, T. Rowe Price, General Catalyst, D1 Capital Partners e Durable Capital sono annoverati tra i suoi maggiori investitori, secondo la documentazione.
Il direct listing, a differenza di una Ipo tradizionale, prevede che Warby Parker non emetta delle nuove azioni, ma si limiti a offrire agli investitori il suo stock privato, seguendo la strada che negli ultimi mesi hanno intrapreso Coinbase e Square, e negli ultimi anni anche Spotify, Palantir e Asana. Una scelta che può far risparmiare in termini di commissioni bancarie, tempo speso in un roadshow per gli investitori e aumento delle azioni nel primo giorno di quotazione.
“Abbiamo meno dell’1% della quota di mercato in questa enorme categoria e vediamo enormi possibilità per far crescere la nostra linea negli anni a venire”, ha dichiarato il cofondatore e co-CEO Dave Gilboa in un’intervista alla Cnbc. “Ci sono tante opportunità di accrescere la nostra presenza nei negozi fisici, ma anche di ampliare la nostra offerta di e-commerce”, ha aggiunto il manager dell’azienda, nata online e poi approdata anche in una rete di store fisici.
Il forte radicamento alla dimensione digitale, però, nel caso di Warby Parker è stato interpretato da molti analisti come un ‘tallone d’achille’, perché nel segmento dell’occhialeria la gran parte dei consumatori desidera ancora l’assistenza professionale di un ottico e l’esperienza dello shopping. Nel 2002, infatti, l’e-commerce ha rappresentato solo l’8% delle vendite di eyewear negli Stati Uniti, riporta Business of fashion.
Ad ogni modo, nell’ultimo semestre terminato a giugno Warby Parker ha registrato una crescita su base annua del 53% dei ricavi, saliti a 270,5 milioni di dollari. Anche le perdite da 7,3 milioni denotano un miglioramento, contro i 10 milioni dell’analogo periodo dell’anno precedente.