Nell’anno del fenomeno #MeToo, la stampa americana riflette sul numero di donne che arrivano ai vertici delle aziende. Segnali di un lieve calo, tra il 2017 e il 2018, arrivano dagli indici S&P 500 e Fortune 500, rispettivamente l’indice delle 500 aziende statunitensi a maggiore capitalizzazione e delle 500 maggiori imprese societarie Usa, scelte dalla rivista Fortune sulla base del loro fatturato.
Secondo quanto rilevato dal gruppo di ricerca The Conference Board, il numero di CEO donne, nello spettro S&P 500, ha raggiunto la “cifra record” di 27 lo scorso anno, per poi scendere a 24 nel 2018. Quanto alla lista di Fortune, pubblicata lo scorso maggio, le donne al vertice risultano 24, contro le 32 della classifica 2017.
“Da un lato – riflette la testata americana Footwearnews -, il movimento #MeToo ha incoraggiato le donne a parlare dei casi di abuso sul lavoro, spingendo la leadership aziendale a promuovere le lavoratrici e a pagarle in modo più equo. Dall’altro, la recente serie di delusioni politiche e uno sguardo freddo sui dati danno l’impressione che il passo avanti per le donne sia già stato annullato da due passi indietro”.
Guardando alla sola moda, la testata ricorda alcune nomine recenti, da parte di brand internazionali, di donne in ruoli di primo piano. Sono donne il nuovo CEO di JCPenney, Jill Soltau, e della griffe Jw Anderson, Jenny Galimberti (quest’ultima è la più recente tra le ‘nomine in rosa’ di Lvmh, che ha scelto Sylvie Colin come numero uno di Kenzo, Séverine Merle come numero uno di Celine, ndr).
Tra le grandi catene, Bergdorf Goodman ha nominato Darcy Penick come presidente, mentre Walmart ha arruolato Janey Whiteside come chief customer officer e Barbara Messing alla guida del marketing di Walmart Us e di Walmart eCommerce Us.
Nel segmento sportswear, sono recenti le nomine di Karen Reuther come global creative director di Reebok, di Louise Trotter come direttore creativo di Lacoste e di Anne Cavassa come nuova presidente di Saucony.
Sotto i riflettori, infine, il caso di Nike, dove a richiedere una ‘svolta inclusiva’ è stata Monique Matheson, oggi capo delle risorse umane, che ha spiegato come il 29% dei vice presidenti delle diverse aree di business di Nike siano donne, mentre la forza lavoro globale dell’azienda si divide tra un 52% di uomini e un 48% di donne. La prima risposta del colosso dello swoosh è stata la nomina di Kellie Leonard, una donna, appunto, come chief diversity e inclusion officer.