Entro la fine dell’anno il settore subirà una brusca frenata soprattutto nella crescita della produzione, dell’export e delle importazioni.
Non c’è, però, da fasciarsi la testa. Innanzitutto perché il settore continuerà a macinare 26 mila miliardi di lire di surplus nell’interscambio. Cifra che farebbe gola a tutti gli altri settori industriali italiani. Si parla, poi, sempre d’incremento, addirittura superiore a quello medio registrato ogni anno tra il ’96 e il 2000.
Secondo Pambianco Strategie d’Impresa si assesta a +28% la crescita dei ricavi nel 2000 per le prime venti firme del made in Italy, che incidono per circa 1/3 del giro d’affari totale. Tra queste Gucci, Benetton, Radicifin, Prada, Marzotto, Armani, Fila, Max Mara, Miroglio, Ferragamo, Zegna, Gft, Versace, It Holding, Bonazzi, Zucchi, Diesel, Invicta, Finpart e Fendi.
Tutto ciò, però, è un chiaro segnale che per l’intero settore l’anno può rivelarsi una vera e propria corsa a ostacoli.
Secondo un’elaborazione di Hermes Lab su dati Smi, Ati, Aida e Istat, nel 2001 l’industria tessile sarà costretta ad accontentarsi di un aumento del fatturato del 3% rispetto al +11,4% dell’anno scorso. Decisiva, ancora una volta, per il made in Italy della moda sarà la capacità di penetrare sui mercati esteri dove, però, le imprese continuano a scontrarsi con una miriade di barriere tariffarie.