Il bilancio 2020 della moda maschile italiana risente inevitabilmente degli effetti che la pandemia Covid-19 ha prodotto sui mercati mondiali. Il bilancio settoriale, comunica la nota a cura del Centro Studi di Confindustria Moda per Sistema Moda Italia, archivia una flessione del turnover pari al -19,5 per cento. Il giro d’affari cala a 8,1 miliardi di euro, perdendo quasi due miliardi nei dodici mesi. Le previsioni rilasciate in concomitanza con l’edizione di gennaio di Pitti Uomo, quando si era stimata una dinamica negativa pari al -18,6%, risultano peggiori a consuntivo, a fronte di un andamento del mercato interno ben più negativo di quanto previsto. Poste le criticità che ha sperimentato il complesso del tessile-moda italiano, la moda maschile concorre comunque al 18,3% del turnover complessivamente generato dalla filiera a livello nazionale e al 27,4% della sola parte abbigliamento.
Nonostante l’emergenza sanitaria, l’export ha mantenuto il suo ruolo strategico per la moda maschile italiana concorrendo al 71,7% del fatturato. Su base annua, tuttavia, le esportazioni di settore cedono il -16,7%, passando a 5,8 miliardi di euro (1,1 miliardi in meno in un anno). Si registra inoltre un grave calo nell’import, nella misura del -20,2 per cento. Le importazioni di moda uomo scendono, pertanto, a 3,7 miliardi di euro, perdendo 940 milioni circa rispetto al consuntivo 2019. A fronte della dinamica di export ed import, nel 2020 il settore sperimenta un assottigliamento del saldo commerciale, che scende a circa 2,15 miliardi di euro, in calo di 230 milioni nei dodici mesi. Per quanto concerne il mercato interno, con riferimento all’anno solare 2020, gli acquisti di moda maschile da parte delle famiglie italiane residenti presentano un deterioramento contabilizzato nel -30,1% secondo le rilevazioni effettuate da Sita Ricerca per conto di Smi.
Fortunatamente il 2021 si è aperto con qualche segnale di ripartenza e soprattutto di ritrovato favore da parte dei mercati internazionali. Mentre l’import, pur in miglioramento rispetto al dato di gennaio-dicembre 2020, resta interessato da una flessione pari al -15,2%, l’export assiste ad un deciso miglioramento del tasso, facendo registrare una dinamica del -3,9% rispetto al primo trimestre 2020, ovvero a un totale di 1.1 miliardi di euro. Rispetto ai primi tre mesi del 2019, invece, le vendite estere risultano ancora inferiori del -9,7 per cento.
Nel gennaio-febbraio 2021 le vendite estere hanno registrato ancora una variazione del -19,5%, ma è stato il mese di marzo a segnare il rimbalzo. Rispetto al marzo dello scorso anno (in cui si ricorda si era però avviato il primo lockdown a partire dal giorno 9), l’export cresce del +45,4% (+183,7 milioni in valore assoluto). Anche rispetto al marzo 2019 si rileva un aumento, pur meno intenso, pari al +6,5% (corrispondente a 36 milioni di euro in più). In termini di macro-aree di sbocco, nel primo quarter 2021, l’export destinato alla Ue evidenzia un aumento del +4,3%, mentre quello extra-Ue (52,0% del totale) perde il -10,4%, dato questo su cui pesano in particolare le perdite accusate dal Regno Unito.