Boohoo nella bufera. L’e-tailer britannico quotato alla Borsa di Londra è stato accusato di sfruttamento e condizioni lavorative pericolose in seguito ad un’inchiesta giornalistica condotta dal Sunday Times. Il cronista, infiltrato nel magazzino di Jaswal Fashions, uno dei fornitori del brand con sede a Leicester, ha riportato come la paga offerta fosse di sole 3,50 sterline l’ora, meno della metà del salario minimo nel Regno Unito, e di come non venisse rispetto l’obbligo di distanziamento sociale.
La notizia, che ha portato il titolo a perdere il 23% negli scambi di ieri alla Borsa di Londra, arriva a una settimana di distanza dall’accusa allo stesso fornitore di aver tenuto aperto la fabbrica durante il lockdown in una zona, Leicester, dove il Coronavirus ha colpito molto duramente.
In una nota rilasciata lunedì 6 luglio, Boohoo ha dichiarato di essere “grato” al Sunday Times per aver messo in evidenza le condizioni in fabbrica “che, se vere, sono del tutto inaccettabili e non soddisfano gli standard ammissibili in nessun luogo di lavoro”. Inoltre, Jaswal Fashions non risulterebbe tra i fornitori di Boohoo. “Stiamo prendendo provvedimenti immediati per indagare a fondo su come i nostri capi fossero nelle loro mani – continua la nota -, assicureremo che i nostri fornitori cessino immediatamente di lavorare con questa società e rivedremo urgentemente il nostro rapporto con tutti i fornitori che hanno subappaltato lavoro al produttore in questione”.
L’e-tailer inglese era fresco di un collocamento azionario che gli ha permesso di raccogliere 197,7 milioni di sterline (circa 223 milioni di euro), con cui poter “approfittare delle numerose opportunità che potrebbero presentarsi nell’industria della moda nei prossimi mesi” e aveva da poco annunciato l’acquisizione della minoranza rimanente di Pretty Little Thing.