Alle prese con la Federal Trade Commission (Ftc) per sbloccare il deal con Capri Holdings, Tapestry ha chiuso un terzo trimestre in linea con le attese del gruppo ma sotto le previsioni degli analisti. Nel periodo terminato lo scorso 30 marzo, il gruppo a stelle e strisce ha generato ricavi per 1,48 miliardi di dollari (circa 1,37 miliardi di euro), in flessione del 2% sugli 1,51 miliardi del medesimo quarter dell’anno precedente. Un risultato di sostanziale stabilità raggiunto grazie alla performance di Coach (+2%), mentre si sono mostrati in calo i brand Kate Spade e Stuart Weitzman, rispettivamente del 5% e del 17 per cento.
Più problematico il fronte della redditività, con l’utile netto in calo del 25% a 139,4 milioni. L’utile operativo è invece salito a 204 milioni di dollari, sui precedenti 239,3, e un margine lordo del 74,7%, in incremento dal 72,8% dell’anno precedente, per effetto “della riduzione delle spese di trasporto, del favorevole andamento dei cambi e di una maggiore efficienza operativa”. A pesare, con 32 milioni di dollari di interessi passivi, il maxi deal da 8,5 miliardi finalizzato lo scorso agosto per l’acquisizione di Capri Holdings, player americano a cui fanno capo Versace, Michael Kors e Jimmy Choo.
Ed è proprio questa ambiziosa operazione, che vedrebbe Tapestry assurgere a polo americano del fashion, oggetto delle attenzioni dell’antitrust americano e di conseguenza anche dei mercati, in attesa di capire come si evolverà la vicenda. Se da Unione europea e Giappone Tapestry ha ricevuto il benestare, sono proprio gli Stati Uniti a stare dando del filo da torcere all’operazione che punta a fare del gruppo “una nuova potente società del lusso globale”, aveva annunciato la scorsa estate Joanne Crevoiserat, CEO di Tapestry.
La Commissione Federale del Commercio degli Stati Uniti, infatti, ha dichiarato l’intenzione di fare causa per bloccare il deal perché, se questo venisse autorizzato, eliminerebbe la concorrenza diretta tra il parterre di marchi di capri e Tapestry, dando inoltre a quest’ultimo una quota dominante nel mercato delle borse di ‘lusso accessibile’ e danneggiando in definitiva acquirenti e dipendenti.
Tapestry, dal canto suo, sostiene a margine dei risultati che il deal potenzierà, invece, i brand di entrambi i gruppi, “portando a tutti gli attori significativi vantaggi”. Guardando al prossimo futuro Tapestry, in uno scenario di generale indebolimento della domande soprattutto tra i consumatori americani, delinea un outlook di stabilità per il fiscal year, stimando ricavi per oltre 6,6 miliardi di dollari, in crescita dell’1 per cento. L’utile per azione è atteso tra 4,20 e 4,25 dollari, con una crescita compresa tra l’8% e il 9% rispetto all’anno precedente.
In risposta ai risultati finanziari, Tapestry ha fatto un balzo in avanti di oltre 3 punti percentuali alla Borsa di New York, ma sarà soprattutto dall’esito dello scontro con l’antitrust Usa a definirne le sorti.