Non solo womenswear. Liu Jo continua a investire nella moda maschile. Durante il 28° Pambianco-PwC Fashion Summit Marco Marchi, fondatore e CEO di Liu Jo ha annunciato l’imminente acquisizione della maggioranza di Liu Jo Uomo. Il progetto si realizzerà attraverso l’ingresso con il 51% in una newco costituita allo scopo con conferimento delle attività da parte di Co.Ca.Ma. srl, già licenziataria dal 2012 della collezione menswear. Giuseppe Nardelli, fondatore e amministratore unico della campana Co.Ca.Ma, manterrà il 49% della NewCo e continuerà ad essere operativo. A margine del suo intervento, il manager ha inoltre aggiunto importanti dettagli sul futuro di Blumarine, brand che fa capo a Eccellenze Italiane Holding di cui è amministratore unico.
Iniziamo dal principio, come è nata l’idea di Liu Jo?
Sono nato nel distretto carpigiano dove c’è la cultura d’impresa, soprattutto nel settore tessile. Ventisette anni fa avevo una piccola azienda che lavorava conto terzi, faceva private label per brand sia italiani che esteri. La svolta è arrivata durante l’accordo di Marrakech che stabiliva l’abolizione dei dazi sulla Cina, era evidente che con un mercato che stava crescendo con il 50% di investimenti nel tessile in quel territorio, con un costo della manodopera pari a un decimo di quello dell’Italia, non poteva esserci più posto per il mio percorso di private label né di produttore. Decisi quindi nel 1995 di iniziare un percorso partendo dal mondo che conosco meglio, quello della maglieria, e via via ci siamo ampliati fino a diventare oggi un’azienda che sviluppa quasi 500 milioni di fatturato e ha diversi progetti nel proprio portafoglio. Siamo a tutti gli effetti un brand lifestyle.
Nei prossimi tre anni dove vede le linee di sviluppo di Liu Jo?
Credo che l’operazione mista che Liu Jo rappresenta sia la scelta migliore. Ci sono aree dove il retail diretto diventa indispensabile per motivi di costi, di key money e una serie di elementi economici; ce ne sono altre invece in cui è preferibile l’attività del multimarca qualificato, che ha un rapporto estremamente stimolante con il proprio consumatore, molto intimo. Noi crediamo che l’operazione mista sia sicuramente un giusto mix.
Come mai ha scelto di investire nel menswear?
Essere credibili nel segmento maschile quando si hanno 25 anni di storia nella moda donna non è facile. Liu Jo Uomo, iniziato con un’operazione in licenza, ha in questi anni prodotto numeri estremamente interessanti: prevediamo un giro d’affari di 70 milioni di euro nel 2024. Il nuovo deal manterrà la cultura e l’eccellenza campana nel menswear, ampliando contestualmente l’esperienza commerciale e finanziaria di Liu Jo. L’insieme non potrà che portare ottimi risultati.
Com’è stato, invece, entrare nel fashion luxury?
Inserirsi in un segmento che ha logiche completamente diverse non è stato facile. Ciò che mi ha portato all’acquisizione di Blumarine è qualcosa che tocca il mio intimo, la mia storia. Blumarine ha una storia di 45 anni a Carpi, la mia città, ed è chiaro che è stata per tutti noi un punto di riferimento al quale ci siamo ispirati. Poterla acquisire è stato un atto d’amore oltre che un progetto industriale. Sono due segmenti completamente diversi, ovviamente l’approccio non è stato semplice ma credo che la contaminazione nei vari segmenti possa essere un grande valore aggiunto. Ho capito cosa vuol dire fare lusso, quali sono gli ingredienti per essere credibili, quanto sia decisivo lo storytelling e quanto il prodotto sia un elemento importante ma non fondamentale del successo. Occorre costruire, soprattutto per la Generazione Z, storie credibili, forti e aspirazionali. Per me è stato molto interessante perché ho compreso che anche nel segmento premium i codici del lusso possono essere assolutamente presi e reinterpretati, ben venga la contaminazione.
Recentemente lo stilista Walter Chiapponi ha preso il timone stilistico di Blumarine subentrando a Nicola Brognano, alla direzione negli ultimi tre anni.
Ho colto con grande piacere le prime reazioni del mondo del fashion, mai estremamente generoso, e devo dire che con Walter c’è stato un atteggiamento molto positivo, questo ci fa ben sperare. Walter ha preso in carico questa avventura con grande entusiasmo e impegno nei confronti di un brand che ha 45 anni e ha segnato per almeno dieci anni lo stile di questo Paese. Va dato merito a Nicola, insieme a Lotta Volkova (stylist vicina a Brognano, ndr.), di aver tolto dall’anonimato un marchio che era stato in parte dimenticato. Appena è arrivato il revamping c’è stata una straordinaria attenzione su Blumarine soprattutto da parte di mercati dove non era così conosciuto, come gli Stati Uniti, e verso la Generazione Z, tutt’altro che facile da conquistare.
Come mai ha scelto Walter Chiapponi?
Portare Walter significa portare un calibro importante, da lui ci aspettiamo un percorso che dovrà riportarci alle nostre radici, quello che nella mente di tutti è il mondo di Blumarine, un abbigliamento che possa essere letto e tradotto da mercati molto ampi. Ad esempio il Middle East è una grande opportunità, dovrà esserlo, la nuova wave di Walter sarà fondamentale per dare visibilità a un progetto che nella fare di revamping fatta da Nicola e Lotta era prevalentemente Generazione Z ma nel Middle East ci sono anche altre culture e attitudini. Ciò che Walyer ha fatto da Tod’s (di cui è stato direttore creativo sino allo scorso settembre, ndr.) è evidente in termini di successo, da quando è arrivato il marchio ha aumentato la vendita delle borse. Abbiamo preso davvero un grande talento, speriamo di poterlo aiutare ad esprimersi. Noi stiamo dando massima disponibilità, fiducia, contributo ed energia affinché questo progetto possa raggiungere gli obbiettivi che tutti ci auspichiamo. Non solo perché ho acquisito Blumarine ma anche perché vivo a Carpi ed è un marchio che ho nel cuore fin da bambino, inoltre siamo italiani quindi portare un’azienda del lusso al successo credo sia un orgoglio per chiunque viva in questo Paese visto che ci hanno scippato quasi tutto.
Cosa prospetta per il futuro di Blumarine?
Dobbiamo consolidare pezzo per pezzo un percorso di successo, in questo momento abbiamo il merito di aver tolto Blumarine dall’anonimato, la seconda fase dovrà portarci obbiettivi ambizioni. Ci riusciremo? Lo vedremo, ce la metteremo tutta.