A Tecnica Group fanno capo i marchi Tecnica, Nordica, Moon Boot, Lowa, Blizzard e Rollerblade. L’azienda ha archiviato il 2022 ottenendo i risultati migliori della propria storia. Nello scorso esercizio, il fatturato ha raggiunto quota 561 milioni di euro, in crescita del 21 per cento. Il 2023, ha spiegato il CEO Giovanni Zoppas, intervenuto al 28° Pambianco-PwC Fashion Summit, sarà un anno di normalizzazione, con un outlook positivo per il 2024. Tra i marchi più noti di Tecnica Group spicca Moon Boot, passato dai dieci milioni di euro di fatturato di tre anni fa ai circa 50 del 2023. “C’è ancora un grande margine di crescita”, ha aggiunto Zoppas, anticipando che il brand vedrà ulteriori diversificazioni in termini di stili e generi.
Possiamo dire che in Italia nello sport siamo riusciti a fare quello che non abbiamo raggiunto nel lusso, ovvero creare un gruppo di brand accomunati da un profilo tecnico…
È una bella considerazione. Siamo una portfolio company con marchi di rilevanza mondiale, marchi che raggiungono quasi cento Paesi nel mondo, con risultati che nel 2022 hanno evidenziato il loro massimo storico. Abbiamo registrato ricavi per 561 milioni di euro e un margine ebitda di quasi il 17 per cento. Per poter avere successo, è importante tenere presenti vari aspetti: da una parte c’è il prodotto, dall’altra c’è invece il servizio. Chi acquista questo tipo di brand chiede sempre più servizi. C’è poi un terzo tema, ovvero la sostenibilità. Noi siamo parte della sfera della vita attiva ed è importante per i nostri consumatori ritrovare un concetto di sostenibilità. Con due dei nostri marchi, Tecnica e Nordica, tre anni fa abbiamo lanciato un programma che si chiama ‘Recycle your boots’, in base al quale abbiamo creato un network di negozi che ritirano scarponi di qualunque marca. Dopo il ritiro, noi ci occupiamo di prolungare la vita dei materiali, separandoli e rimettendoli all’interno dei circuiti produttivi.
Negli ultimi tre anni avete avuto una crescita costante. È legata all’aumento di quote di mercato oppure c’è la spinta del ‘nuovo appeal’ della vita all’aria aperta?
Direi che nel 2021 c’è stata una crescita di trend, abbiamo beneficiato delle tendenze che si sono verificate nel post pandemia. Nel 2022, invece, quando la crescita è stata più corposa, c’è stato un aumento di quote di mercato. Ed è stato frutto, oltre che del prodotto e del servizio, anche di un rapporto di vicinanza con il trade estremamente forte. È un rapporto nel quale stiamo andando ad investire sempre di più, anche in chiave digitale. Siamo dei wholesaler. È vero, stiamo digitalizzando per aprire ad un rapporto diretto con i consumatori, ma per noi il trade resta importante. Dobbiamo guardare tutto in modo olistico, perché se una volta il consumatore entrava in un negozio di prodotti tecnici per chiedere consiglio, oggi invece i consumatori che entrano in store ne sanno spesso più del negoziante stesso, perché hanno voglia e occasione di informarsi.
Siete attivi sul canale e-commerce?
Il 10% circa delle nostre vendite viene dall’e-commerce, per la maggior parte ancora attraverso e-shop di terzi. Stiamo però sviluppando internamente una nostra piattaforma, sapendo che per alcuni prodotti ci sono dei limiti dal punto di vista della scelta, perché la prova fisica del prodotto resta essenziale.
Del vostro fatturato, quanto è generato dagli attrezzi e quanto invece dal footwear?
Le calzature outdoor coprono il 50% del fatturato. Il resto sono attrezzi, con un 45% di attrezzi invernali e poi il mondo Rollerbalde.
In prospettiva, questo rapporto cambierà?
Stiamo lavorando per far crescere il nostro gruppo e riteniamo che il segmento delle calzature outdoor avrà un ruolo importante. Non ipotizziamo di entrare nel business dell’abbigliamento, ma di focalizzarci ancor di più sul nostro core business. Riteniamo che a livello di mercati, di canali e anche di segmentazione di prodotto ci siano tante opportunità. Lavoriamo per lo più con marchi e prodotti presenti in mercati maturi, quindi segmentare diventa un obbligo. Segmentare, banalmente, vuol dire andare a sviluppare una scarpa per la donna che risponda correttamente a esigenze di fitting e performance. Non è solo questione di palette di colori. Bisogna studiare, analizzare e trovare il modo per arrivare al consumatore in modo adeguato.
Tra i vari marchi avete Moon Boot che ha un coté moda. Che giro d’affari ha questo brand?
Moon Boot è passato dai dieci milioni di tre anni fa, ai 50 milioni di fatturato di quest’anno. E ha ancora degli spazi incredibili di crescita. La persona che segue Moon Boot da noi, Mirko Massignan, viene dalla ‘scuola’ Moncler e ha fatto un lavoro incredibile per il riposizionamento di un marchio nato negli anni ’60. È uno dei pochi brand italiani che stanno al MoMa. Moon Boot nasce da un’idea di Giancarlo Zanatta, fondatore del gruppo, vedendo l’allunaggio. È un prodotto multi-taglia e non ha una distinzione tra il destro e il sinistro, cosa che per una calzatura è astonishing. Massignan lo ha riposizionato andando verso una distribuzione sempre più moda e sempre meno articolo sportivo dopo-sci. Abbiamo portato gli uffici di Moon Boot a Milano. Al di là del beneficio in termini di risultati, ci permette di essere in contatto con un mondo, che è quello della moda e dello stile, che non sarebbe il nostro mondo naturale, ma con il quale siamo in parallelo.
Moon Boot ha anche una notorietà internazionale?
Ha una notorietà grandissima e beneficia del fatto, non banale, di avere un prodotto iconico. Penso sia ciò che qualunque marchio desidera avere. Il rinnovamento del prodotto è importante, ma è anche vero che – come si suol dire – ‘il classico fa i soldi e il fashion li spende’. Tra l’altro, nei piani di sviluppo di Moon Boot ci sono sia una diversificazione dal punto di vista del genere – nel senso che stiamo andando a coprire sempre di più la parte uomo, donna e bambino -, sia l’ingresso in un mondo meno invernale e più autunnale e primaverile, ma non estivo. Il nostro focus è sulle scarpe. Il brand ha una potenza talmente grande che nel futuro potrebbe avere anche delle estensioni di categoria.
Con 93 milioni di euro di ebitda nel 2022, che aspettative avete per il 2023?
Il 2023 vedrà una stabilizzazione rispetto al 2022. Siamo stati molto agili e flessibili a cogliere tutte le opportunità offerte dal 2022. E siamo poi stati abbastanza agili e flessibili da parare tutti i colpi, i problemi, che il 2023 sta manifestando.
L’azienda è solida e genera cassa. Rileverete altre realtà per crescere tramite aggregazioni?
In questo momento noi vogliamo esplorare a fondo le capacità dei nostri brand, che hanno ancora degli spazi di crescita in termini di mercati, di canali e di categorie di prodotto. La progressione può essere ancora sostanziale.
Avete due azionisti, la famiglia e un socio finanziario di minoranza. Quali sono gli obiettivi?
Il primo obiettivo è di avere una crescita sana. Ci interessa crescere mantenendo i riferimenti che abbiamo in termini di redditività. Questo vuol dire avere dei piani solidi – definire mercati, canali e nuove linee di prodotto – ed eseguirli. Questo è il nostro obiettivo.