Si è conclusa nella giornata di ieri GenovaJeans, la manifestazione del Comune di Genova che per quattro giorni ha animato il capoluogo ligure raccontando, in tutte le sue sfumature, la storia, il presente e il futuro di uno dei capi più iconici di sempre: il jeans. Si tratta della prima edizione dopo l’esordio del 2021.
Pensato come un networking space a cielo aperto, l’evento, nato da un concept di Manuela Arata (oggi presidente del Comitato Promotore) e affidato alla curatela generale ad Anna Orlando, ha toccato svariati luoghi del centro storico e ha coinvolto un importante numero di aziende specializzate, da Candiani Denim a Officina39, Albiate1830, Diesel, Roy Rogers e Pepe Jeans. Un’iniziativa che ha avuto inoltre il duplice scopo di riportare l’attenzione internazionale su Genova, che è – come sottolineato da Arnata – “la mamma del jeans”, e di riqualificare alcune zone della città come via di Prè, da dove prende vita il percorso della ‘via del jeans’.
La manifestazione è partita dalla testimonianza dell’heritage, con l’esposizione di alcuni marchi che hanno fatto la storia di questo capo, passando per il racconto della filiera produttiva made in Italy ed atterrando – tra le varie esposizioni – sulla spiegazione delle innovazioni green che stanno portando avanti le aziende e sui progetti dei nuovi creativi del jeans. All’interno dell’edificio Metelino si sono infatti ritagliate un ampio spazio le creazioni di Andrea Grossi, Gilberto Calzolari, Gimmijeans, Jeanne Friot, Marcello Pipitone con Albiate 1830, Ksenia Schnaider, Patine, Regenesi, The Blue Suit con Roicatm by Asahi Kasei e Zerobarracento – creativi chiamati a raccontare e a presentare la loro visione avanguardista e sostenibile del denim.
Tra di loro, ad esempio, Grossi ha realizzato capi fatti di tessuti leftover di Diesel, per il cui lavaggio sono state utilizzate tecniche di brushing manuall a secco. Mentre Francesco Vantin, founder di Gimmijeans assieme a Matteo Sandri, ha presentato – tra le sue proposte – anche una capsule collection fatta di un tessuto secolare, realizzato dalla sua bisnonna ben 120 anni fa, quando al tempo coltivava la canapa.

“Se parliamo di jeans e della sua storia non puoi chiaramente non parlare di aziende affermate nel mondo del denim”, ha spiegato a Pambianconews Giusy Bettoni, founder e CEO di C.L.A.S.S. (ecohub internazionale di materiali innovativi e green nel settore della moda sostenibile), rispetto allo sviluppo del progetto e alla scelta delle aziende e dei designer coinvolti. “Però ci siamo domandati: è importante solo l’heritage o anche la storia che, seppur più recente, ha da tanto tempo inserito delle ‘best practices’? Quindi abbiamo scelto di inserire anche aziende come Blue of a Kind, che ormai da dieci anni fa ricerca in tutto il mondo per la produzione sartoriale dei propri capi. Dopo abbiamo aggiunto la comunità, chi fa il jeans e chi lavora in tutta la catena di filatura”.
“Arrivati a questo punto – prosegue Bettoni – ci siamo detti: se ci fermassimo qui mancherebbe il futuro, ma probabilmente anche quello che oggi è già il presente. Perché credo fortemente che i designer che sono qui sono già coloro che stanno facendo la differenza, anche seguendo un discorso di sostenibilità. Creativi, sia italiani che internazionali, che non definirei a tutti i costi giovani, in quanto non gli abbiamo scelti per una questione anagrafica, ma che si sono distinti per l’innovatività delle loro idee e per non aver voluto rientrare negli schemi – anche perché quando si lavora con un capo così iconico come il jeans è molto facile uniformarsi”.
Gli organizzatori hanno fatto sapere che è allo studio una seconda edizione ma ancora non è stata definita ufficialmente la cadenza dell’appuntamento.