Prosegue il percorso di Candiani Denim nel segno della sostenibilità. L’azienda guidata da Alberto Candiani da 105 milioni di euro di fatturato 2022, presenta al mercato Coreva Design, il primo marchio in stretch denim naturale e biodegradabile. L’iniziativa trae origine dal brevetto Coreva, la tecnologia di Candiani Denim, che sfrutta le proprietà elastiche di un materiale vegetale derivato dalla gomma che va a sostituire la necessità di filati sintetici per rendere stretch la tela di Genova. Grazie a questa innovazione il tessuto minimizza il suo impatto ecologico, rendendolo al riciclo, degradabile in quattro mesi. Alberto Candiani, presidente dell’azienda di Robecchetto con Induno racconta in questa intervista le motivazioni che hanno portato alla nascita del marchio b2c.
Com’è nata l’idea di creare un marchio come Coreva Design?
Coreva è un brevetto nostro, una collezione di tessuti che offriamo a tutti nostri clienti. Abbiamo iniziato a lavorarci già nel 2018, nel 2019 è stata la volta collaborazione con Stella McCartney poi il Covid19 ha rallentato un po’ tutto. Con l’evoluzione di Coreva in marchio, Coreva Design, facciamo un passo avanti.
Intanto i capi sono interamente disegnati e ingegnerizzati per essere circolari. Tutti, tutti i capi sono realizzati con componenti biodegradabili e compostabili. Ciò che non lo è, come gli accessori metallici sono rimovibili e riciclabili. La resistenza del capo, la resistenza del tessuto, è esattamente uguale a quella dei tessuti stretch convenzionali. E in quale condizione il tessuto si degrada o si comporta o addirittura può essere utilizzato come ammendante? Quando alla fine del ciclo vita può essere riciclato.
Che obiettivi vi siete posti le prime stagioni?
Per la prima stagione gli obiettivi sono abbastanza soft. Abbiamo una distribuzione che è appena cominciata e puntiamo a 30 negozi in Italia. La distribuzione parte dall’Italia, con lo store e la partnership con Biffi. Poi c’è il sito su cui puntiamo molto. Parallelamente abbiamo già un accordo di esclusiva per il mercato nordamericano e canadese con Triarchy, uno dei pochi veri premium denim brand esistenti oggi in Usa, che non ha mai fatto denim stretch ma ha deciso di sperimentare questa merceologia solo con noi. Dalla prossima stagione, l’obiettivo è di potenziare l’internazionale a partire da Benelux e Francia, Germania, Austria e Svizzera.
È prevista una strategia retail diretta?
Ci piacerebbe aprire uno store nel 2024 a Milano. Avere uno spazio dà la possibilità di mostrare il modello circolare e di farlo comprendere.
Come gestite la ‘concorrenza’ con i vostri clienti?
Innanzitutto, Coreva Design è un marchio sperimentale, che nasce dopo cinque anni che offriamo i tessuti Coreva ai nostri clienti. Non stiamo facendo il marchio Candiani, Coreva Design è un progetto molto specifico, che vuole scalare il modello circolare. Quindi vogliamo aggiungere valore al brevetto, portandolo al consumatore finale ma vogliamo anche ispirare i nostri clienti. Oggi sono una dozzina quelli che utilizzano Coreva, molti altri l’hanno assaggiato in qualità di capsule come Diesel, Dondup e PATiNE tra gli altri. Il lusso poi sta approcciando questa tecnologia anche perché stiamo consolidando l’offerta, rispetto all’inizio abbiamo molti più tessuti e la domanda e l’interesse è cresciuto esponenzialmente.
Come è composta la collezione?
È una collezione abbastanza ricca, divisa in tre fasce. Innanzitutto, è 70% donna e 30% uomo. Esiste poi un sottoinsieme genderless. E’ divisa in tre sezioni, una parte di design, una parte di couture, e poi c’è una parte sportswear che è prodotta con Progetto Quid, dove non utilizziamo il denim convenzionale ma un tessuto, che sempre Coreva, che è un raso écru di cotone naturale, che può fare la funzione del jersey.