Le maison si affidano alla spettacolarizzazione: i big del palcoscenico diventano direttori creativi. E anche gli eventi si sviluppano in funzione del tam-tam via social. Tutto sembra ruotare intorno al lifestyle, 365 giorni l’anno.
Dal front row alla direzione creativa il passo è sempre più breve. I luxury brand stanno puntando sulle star della musica per aumentare il proprio hype e, parallelamente, si trasformano in content creator grazie ad eventi sempre più ‘instagrammabili’.
ROCK WITH YOU
Durante l’ultima edizione della fashion week parigina Louis Vuitton ha svelato il nuovo corso del menswear con una sfilata che ha visto esibirsi Pharrell Williams in duetto con Jay-Z. Probabilmente lo spettacolo rientra nei plus di avere come direttore creativo un personaggio che è anche uno dei più famosi produttori musicali della sua generazione. La scelta di Vuitton non è un caso isolato. “Lanvin Lab (contenitore che prevede partnership creative con talenti internazionali, ndr) ha invitato l’acclamato artista vincitore di Grammy, Future, a disegnare una capsule collection che celebra una visione innovativa e individualista, in grado di colmare il divario tra musica e moda”, ha comunicato lo storico marchio. Il fil rouge tra moda e musica è cosa nota ma ora le star passano dall’impugnare il microfono a dettare le linee stilistiche di un brand. “Come ha detto Bernard Arnault, il lusso non è più un prodotto ma è cultura, quindi è chiaro che, per essere vicini al mondo dell’arte, una delle direzioni in cui il settore sta andando in questo momento è lo star system”, riflette Mario Ortelli, managing partner della luxury advisory firm Ortelli&co. Avvicinare una generazione diversa di clienti, godere dell’attenzione di stampa e media non esclusivamente legati al settore moda, fondere l’iconografia che caratterizza una celebrity con il proprio heritage. La scelta di un artista al timone creativo di una maison comporta rischi che non tutti possono correre. “Non c’è una ricetta che funziona sempre. Louis Vuitton può permettersi di avere Pharrell Williams come direttore creativo menswear perché c’è il supporto di uno studio molto ben articolato con grandissime esperienze di prodotto, capace di tradurre la visione creativa di Pharrell in desiderable products. A volte per brand più piccoli sprovvisti di uno studio così articolato è più difficile elaborare gli stimoli di creativi che vengono da altre industries e trasformarli in prodotti di moda che vendono. Inoltre, ogni artista è diverso, c’è chi ha una sensibilità che si applica bene al settore della moda e chi meno. Non c’è una ricetta univoca ma ci sarà sempre spazio per gli artisti della moda, il couturier che fa splendide creazioni, come Daniel Roseberry da Schiaparelli che è un puro couturier, o Valentino Garavani e Domenico Dolce”, conclude il manager.
ANY TIME, ANY PLACE
La spettacolarizzazione è l’elemento alla base anche delle sfilate delle collezioni resort in giro per il mondo che, ormai, non fanno quasi più notizia. Dopo la pausa imposta dall’emergenza sanitaria la moda ha ripreso ad organizzare eventi dall’impronta sempre più lifestyle. Ora il messaggio da veicolare è sempre più calibrato sui ritmi dettati dai social media. Lo conferma Marco Ramon, direttore generale dell’agenzia milanese Exhibita, che da vent’anni vanta collaborazioni con marchi del lusso del calibro di Gucci, Cartier, Tod’s e Zegna. “La fruibilità dell’evento è cambiata. Una volta il lusso parlava le regole del lusso, ora lo fa solo l’Alta Gioielleria. La moda è diventata troppo dipendente dalla comunicazione social. Instagram e TikTok sono veloci e quindi abbiamo molto meno tempo per creare eventi che vorrebbero essere mondi di riferimento”. Grazie ai feedback in tempo reale è possibile comprendere subito la portata del successo, o del fallimento, di un evento. Basta contare le visualizzazioni, i like, i commenti, le condivisioni. Un modo completamente nuovo di raccontarsi facendo affidamento ad esperti del settore. “Quando ho iniziato gli eventi erano dedicati a stampa e buyer, adesso ci sono anche gli influencer. Non si punta solo alla mera comunicazione di un prodotto o di una collezione ma di un lifestyle attraverso delle experience, far vivere emozioni attraverso press trip, eventi resort, viaggi retail, mostre…”. La fashion week resta centrale? Milano è sempre caput mundi di stile? “Ormai i format si sprecano, la moda è tutto l’anno, anche durante il Salone del Mobile. Gli eventi dedicati ai clienti finali sono diventati esponenziali e, fatta eccezione per le sfilate, si spende quasi di più. Gli eventi resort sono in località più vacanziere; a Sant’Ambrogio quest’anno abbiamo fatto in contemporanea Louis Vuitton e Valentino a Cortina. Oppure l’estate, sulle spiagge di Capri o Forte dei Marmi. Questi momenti vanno a colpire quel pubblico che dalla città si sposta nelle località esclusive, oltre ai turisti. Milano resta comunque centrale per gli eventi perché è una città opinion leader, se ha successo a Milano poi ha successo dappertutto”. C’è stato il fenomeno degli eventi a distanza in formato digital ma sul loro futuro Ramon non ha dubbi a riguardo: “Sembrava dovesse stravolgere tutto ma in realtà è stato un flop clamoroso. Siamo umani e le persone hanno voglia di incontrarsi davvero. Gli eventi diventeranno sempre più immersivi e coinvolgenti per il pubblico”. Il prossimo trend? Di certo intreccia il tema della sostenibilità, un argomento molto caldo per i grandi nomi della moda. “Già ora le grandi maison, al termine di eventi che richiedono importanti lavori di allestimento, ci chiedono cosa viene riciclato, smaltito e riutilizzato”.
