Era indubbiamente il debutto più atteso della New York fashion week, nonché il primo di una serie di esordi che contraddistingueranno le prossime settimane. Il nuovo Helmut Lang by Peter Do ha inaugurato la kermesse americana senza ricevere standing ovation, ma con qualche dubbio tra gli addetti ai lavori.
Lo stilista di origini vietnamite ha preso le redini creative del marchio controllato da Fast Retailing lo scorso maggio. La sfilata di venerdì scorso è sembrata poco a fuoco, senza quell’energia dirompente che ha reso celebre il marchio fondato dall’omonimo stilista austriaco nel 1986. Impensabile replicare la ventata di novità rappresentata dall’approccio utilitarista in grado di mixare denimwear e minimalismo. I tempi sono cambiati e quell’estatica è stata proposta da una generazione di designer che devono molto alle intuizioni di Lang. Allo stesso tempo anche l’estro creativo di Do è apparso sotto tono, come si legge dalle review, alcune più ottimiste, altre meno generose.
“È stato un buon lavoro rendere le firme di Lang moderne e desiderabili, ma in realtà, erano mai state altrimenti?”, chiede Business of Fashion ai propri lettori in una review che esalta de doti sartoriali dello stilista che, dopo gli studi presso il Fashion Institute of Technology di New York, ed è stato il destinatario dell’inaugurale 2014 Lvmh Graduate Prize. Do ha poi lavorato nell’atelier di prêt-à-porter di Celine sotto Phoebe Philo e successivamente da Derek Lam. Do, famoso anche per la scrupolosa attenzione alla sua privacy, non ha mai mostrato per intero il suo volto in pubblico.
Secondo il New York Times la collezione manca di “eversione” e lo stilista è stato fin troppo letterale nell’elaborazione degli archivi storici, dalle silhouette alla palette cromatica, ma prende un buon successo commerciale. “Gli abiti di Do sembravano seri, troppo rispettosi di un’eredità che comprendeva il fascino della strategica mancanza di rispetto. Le cinghie di Lang parlavano di schiavitù e di ambienti underground; quelle di Do sembrano quelle della tua prima macchina (in realtà sono si basano proprio sulle cinture di sicurezza) e dei portieri. Sono abiti che riempiono un guardaroba invece di ridefinirlo”.
Il Washington Post applaude la scelta di prezzi contenuti: “Sarete in grado di portare a casa un intero completo per meno di mille dollari. Abiti firmati a questo prezzo sono una rarità” e titola in maniera enfatica “How Peter Do’s debut at Helmut Lang stole the show at Nyfw”. Di tutt’altro avviso The Cut: “Do deve trovare il proprio punto di contatto con Lang e poi esprimere quello spirito in maniera contemporanea, senza avere rispetto per la sua eredità. Altrimenti potremmo andare da Uniqlo (marchio fast fashion di Fast Retailing, ndr)”.