Non basta superare le attese. Lo sa bene Nike, le cui azioni hanno chiuso la seduta di ieri in calo del 3,4% a Wall Street, nonostante un giro d’affari trimestrale in espansione, appesantite dall’erosione dei margini.
Nei tre mesi al 31 agosto scorso (per Nike è il Q1 dell’esercizio 2023), il colosso dello swoosh ha registrato ricavi in crescita del 4% a 12,7 miliardi di dollari (circa 12,9 miliardi di euro), portandosi oltre i 12,29 miliardi attesi dagli analisti di mercato. In questo totale, circa 12 miliardi fanno capo al solo marchio Nike (+4%), mentre il turnover di Converse ha toccato quota 643 milioni (+2 per cento). Le vendite del canale Nike Direct sono cresciute dell’8% rispetto all’anno precedente (+14% a parità di valuta), raggiungendo i 5,1 miliardi di dollari, mentre il canale Nike Brand Digital è balzato del 16 per cento. Quanto ai mercati, il numero uno dello sportswear ha evidenziato una progressione in Nord America, area Emea, Asia Pacific e Latin America in grado di “compensare parzialmente” il calo (-16%) della Greather China.
Ad alimentare però lo scetticismo di Wall Street, che nell’extended trading ha portato il titolo di Nike giù di circa il 10%, sono numeri e dichiarazioni sulla redditività del gigante di Beaverton. Nei tre mesi l’utile del gruppo segna un -22% per 1,5 miliardi di dollari, mentre il gross margin è diminuito di 220 punti base al 44,3%, principalmente a causa degli elevati costi di trasporto, di margini più bassi nel business Nike Direct, di variazioni sfavorevoli dei tassi di cambio. A conferma delle complessità legate alla logistica, le giacenze di Nike sono state di 9,7 miliardi di dollari, in aumento del 44% rispetto al periodo dell’anno precedente (in Nord America, principale mercato di Nike, le giacenze sono balzate addirittura del 65%), a causa dalle elevate scorte in transito, legate alla continua instabilità della catena di approvvigionamento e smaltite solo in parte dalla domanda dei consumatori.
Il presidente e CEO di Nike, John Donahoe, ha parlato di un “buon inizio per l’esercizio 2023” che “evidenzia la profondità e l’ampiezza del portafoglio globale di Nike”, mentre l’azienda continua a gestire la volatilità del mercato. “I nostri vantaggi competitivi – ha aggiunto Donahoe -, inclusa la forza del nostro marchio, le connessioni dei consumatori e la pipeline di prodotti innovativi continuano a dimostrare che la nostra strategia sta funzionando. Ci aspettiamo che la nostra incessante attenzione a servire meglio i clienti continui ad alimentare la crescita e creare valore come solo Nike può fare”.
“Stiamo intraprendendo azioni decisive per eliminare le scorte in eccesso”, ha spiegato Matt Friend, CFO di Nike, nella conference call a commento del bilancio. Il manager ha affermato che ciò dovrebbe avere “un impatto transitorio sui margini lordi quest’anno fiscale”, ma ha aggiunto che “questo costo sarà di gran lunga superato dal vantaggio di liberare la capacità del mercato”. Secondo David Swartz, analista di Morningstar, la prossima holiday season vedrà “significativi ribassi” da parte del brand.
“Nike – riflette Bloomberg – è solo l’ultima delle aziende alle prese con un panorama economico sempre più complesso, iniziato con ritardi nella catena di approvvigionamento e congestioni nei porti. Quando poi i brand sono stati in grado di rifornire i negozi, la domanda è cambiata, poiché l’inflazione continua ad erodere il potere d’acquisto di alcuni consumatori”.
Nel caso di Nike, nello specifico, i problemi di spedizione hanno causato un aumento della merce fuori stagione. Inoltre, l’inarrestabile rialzo del dollaro ha frenato i risultati fuori dal mercato domestico.