Nell’era post pandemica i processi di recruiting sono cambiati. Secondo alcune società internazionali di head hunting i principali driver della ricerca del personale vertono su tecnologia, ambiente e diversity.
di Barbara Rodeschini
Le aziende del lusso escono allo scoperto nella ricerca di nuove professionalità capaci di stare al passo dei cambiamenti della loro community di riferimento. Tra visione e strategia, le principali società di selezione sottolineano come l’Occidente valorizzi il legame tra dipendenti e società, mentre l’Oriente premi le soft skill e promuova la crescita femminile. E in Italia? Secondo l’osservatorio Tack TMI, la società di Gi Group Holding che si occupa di Learning & Development, per il primo semestre 2022 emerge una richiesta formativa che, oltre al presidio su competenze essenziali, prevede abilità di sviluppo personale e di leading per diversi ruoli. Quindi il problem solving, decision making e comunicazione assertiva risultano prioritari al pari di performance management e teamwork efficace. Per il segmento fashion & luxury, le aree chiave, su cui scommettere con la formazione, sono operation, retail e corporate.
IL TEMPO DEI VALORI
“Il mondo del lavoro riflette la contemporaneità e oggi sono tre i principali vettori che guidano il suo sviluppo nel settore del lusso: innovazione tecnologica, ambiente e valori. Ciò che è veramente nuovo, è quest’ultimo tema. Salvo alcuni casi sporadici, come già le multinazionali del tabacco o delle armi negli anni passati, le aziende non sono appetibili tutte allo stesso modo e il loro totem valoriale fa la differenza”, spiega Patrizia Ciompi, partner di Sterling International, “le società per attrarre talenti devo essere in grado di rifletterne i valori, non basta più il nome e questo a maggior ragione nel segmento lusso, che non esercita lo stesso tipo di fascino sulle nuove generazioni. Pertanto, la reputazione aziendale sta diventando prioritaria per conquistarsi le professionalità migliori sul mercato. Si continua a parlare di Great Resignation negli Usa e sicuramente, anche alla luce della passata crisi pandemica, è un effetto legato anche all’esigenza delle nuove generazioni di credere e condividere i valori aziendali”. Per quanto riguarda invece tecnologia e sostenibilità, secondo Ciompi, “le aziende da tempo investono su questi argomenti. Nel primo caso, è un percorso in continuo sviluppo, basti pensare che l’85% delle professioni legate al digital marketing non esistevano vent’anni fa. L’innovazione tecnologica non è un’opzione per il mondo del lusso, ma una quotidianità che investe l’intera filiera, e qui i grandi gruppi stanno investendo e continueranno a farlo anche in vista delle nuove sfide legate alla realtà virtuale e al metaverso”. Per quanto riguarda il secondo tema, la sostenibilità, è indubbia l’esigenza di trasformare le aziende in società virtuose. “Già da diversi anni – aggiunge – le aziende si stanno orientando in questa direzione con la ricerca di figure specializzate, che si inseriscano in tutti gli ambiti aziendali, dalla contabilità alla supply chain e non solo al vertice”.
DIGITALE E HAPPINESS MANAGER
“Sicuramente il digitale ha cambiato in maniera evidente anche i processi di recruiting. Da quattro, cinque anni a questa parte anche il mondo del lusso e della moda si è reso conto di avere sempre più bisogno di specialisti tecnologici. Si parla sempre di più di metaverso ma allo stato attuale delle cose, non esistono ancora le competenze in questa direzione, si formeranno nei prossimi anni e allora sì che saranno rilevanti”, aggiunge Riccardo Adamo, founder & CEO Aerre Partners. “Un discorso diverso, invece, va fatto sul percorso che le aziende e di conseguenza le professionalità hanno fatto”, aggiunge Adamo, che precisa: “cinque anni fa la priorità stava nel trovare un buon responsabile e-commerce, oggi si cercano soprattutto chief digital officer, che abbiano competenze tech ma soprattutto che abbiano la visione per stare al passo con i cambiamenti. Discorso simile per il chief marketing officer che da posizione sottovalutata è diventata una delle più rilevanti e ambite”. Un’altra figura molto richiesta secondo il fonder di Aerre Partners è quella del responsabile della cyber security, “che non si limita più ad aggiornare l’antivirus. Nell’era del Crm e dei dati, saperli proteggere è una questione di vitale importanza”. Una tendenza rilevante arriva poi dagli Usa e riguarda i temi dell’inclusività e dell’equilibrio tra lavoro e vita privata. L’head of diversity, che si occupa dell’inclusione e del rispetto di tutte le caratteristiche dei dipendenti è richiestissimo così come il chief people officer che rappresenta la nuova dimensione delle risorse umane. “Queste figure, che in alcune aziende si sono ulteriormente differenziate arrivando ad avere l’happiness manager, che si prende cura del benessere psicofisico dei dipendenti, riflettono la volontà di riappropriarsi dei propri spazi e di avere un’esperienza lavorativa, qualitativamente migliore rispetto al passato. In questo, la pandemia è stata l’elemento chiave che ha portato i lavoratori a riconsiderare priorità ed esigenze”, conclude Adamo.
GREAT MIGRATION
“Lo scenario attuale è molto fluido, il cambiamento è una costante, che va seguita e dove possibile anche anticipata. E le aziende del lusso già da prima della pandemia avevano affrontato i temi più caldi secondo diverse modalità. La trasformazione digitale era già in corso e sicuramente l’emergenza l’ha accelerata, mettendo al centro tutte le professioni collegate, come ad esempio la data science”, prosegue Gyorgy Konda, Consultant Fashion, Luxury, Retail di Spencer Stuart. “Se siamo tutto concordi sul fatto che il metaverso sia un’opportunità, però a livello di professioni non ci sono ancora figure che ne abbiano esperienza e pertanto le società cercano di creare squadre, composte dalle professionalità più affini, che seguano lo sviluppo di questo nuovo canale e si facciano portavoce della sua evoluzione presso tutti dipartimenti aziendali coinvolti”. Sul fronte della diversity, invece, secondo Konda il settore del lusso ha tradizionalmente una sua vocazione in questo senso e la vera sfida non è nel contemplare le caratteristiche di ciascuno, quanto di rifletterle anche nel leadership team. “Questo – aggiunge – sarà sicuramente un argomento che si renderà necessario affrontare e iniziamo già a vedere i primi segnali. Discorso simile anche per i processi legati al rispetto ambientale. Dopo l’emergenza Covid, sono cambiate le priorità e le aziende, che non hanno capito l’importanza della qualità del lavoro anche in ottica di flessibilità e all’identificazione nei valori aziendali, stanno perdendo talenti. Più che great resignation, noi vediamo una great migration verso realtà più agili nell’adeguarsi alle nuove esigenze dei lavoratori”.
CONTAMINAZIONE
Se questi sono i temi caldi per le aziende occidentali, per l’Asia si apre uno scenario differente. “Qui – puntualizza Pierre-Jean Françon, Managing Partner, Asia Pacific Retail and Consumer Practice di DHR Global – le richieste sono diverse da quelle delle maison a casa loro e per ora non abbiamo registrato attenzione nei confronti di professionalità legate allo sviluppo del metaverso”. I profili più cercati riguardano invece il merchandising, le operation nel retail e tutti gli aspetti del digitale. “Proprio su questo tema, dove il lusso è meno navigato, assistiamo alla ricerca di specialisti nel campo tecnologico, che arrivano sempre più spesso da player nativi e da industry diverse da quella del lusso. Non solo, si è allargato anche geograficamente il bacino di ricerca e c’è grande attenzione nei confronti delle soft skill”. Per quanto riguarda il tema dell’inclusione, secondo Françon, l’Asia ha un retroterra culturale più omogeneo e pertanto non è considerato un problema da risolvere. L’attenzione, invece, si sposta al ruolo femminile, “che viene maggiormente promosso a ruoli di leadership rispetto al passato”, precisa. Quali specializzazioni consigliare ai più giovani? “Il perimetro di Dati e Crm che non è ancora abbastanza presidiato e mancano talenti in questi campi”.
CARRIERE 3D
“Le posizioni più richieste riuniscono la capacità di integrare la visione di business con l’evoluzione tecnologica e la capacità di gestire e valorizzare le risorse umane. A livello di skills questo si traduce in data analysis, e-commerce, digital transformation e people management”, evidenzia Mirko Petrelli, managing partner China & Singapore di Boyden. “Possiamo sintetizzare poi che le tematiche ESG (Environmental, Social, Governance) impattano ormai su tutti i profili executive nella fase di definizione del profilo e valutazione del candidato. Per aziende più grandi sicuramente avere un ESG Expert è un fattore di successo. Aggiungo che, se fossi oggi un CEO, inserirei come figure di staff a mio diretto riporto, anche un Data Expert e un Digital Expert. Nel dettaglio, l’e-commerce ha una centralità strategica che non aveva mai avuto nel lusso, di conseguenza aumenta la richiesta di E-Commerce Director e di Digital Communications & Marketing Director. Queste figure, non possono essere centralizzate dalla casa madre, ma devono essere presenti anche nei regional Headquarters”. La pandemia, infine, ha incrementato le richieste di personale su tutta l’Asia, sia per un ricambio di expat, che sono rientrati in corporate dalle regions e sia per una necessità di investire di più su mercati che continuano a crescere. “Per il futuro – conclude Petrelli – credo che il South East Asia potrebbe vedere un incremento delle richieste di executive perché’ c’è ancora un forte potenziale di crescita in quest’area”.