Fatta la legge, trovato l’inganno. Ed ecco che nello scacchiere della moda, sullo sfondo della guerra Russia-Ucraina, si profila sempre più chiaramente l’affermarsi del ‘parallelo’ per aggirare le sanzioni imposte al Paese guidato da Putin. Secondo un’inchiesta di Panorama, riportata da La Conceria, la figura del daigou, tradizionalmente legati al mondo cinese, starebbe attecchendo anche in Russia, in risposta al cordone sanzionatorio che da tutto l’Occidente circonda la nazione.
Ma cosa sono i daigou? Fenomeno finora made in China, si tratta di una forma di commercio transfrontaliero per conto terzi. Per aggirare i prezzi dei luxury goods in questi Paesi, generalmente maggiorati dalle tasse e ostacolati dalle barriere doganali, i ‘professionisti dello shopping’ fanno incetta di articoli del lusso in Europa e nord America, pagandoli molto meno e poi rivendendoli a prezzi competitivi rispetto alle boutique locali.
I daigou starebbero ora facendo capolino anche sul complesso mercato russo, isolato a colpi di sanzioni dall’Unione Europea e dagli Stati Uniti e che ha coinvolto anche il settore della moda, non senza difficoltà legate alla sopravvivenza di business che proprio nella Russia avevano trovato un mercato chiave.
Secondo l’inchiesta giornalistica del settimanale, il sistema del parallelo in Italia si starebbe concentrando sugli eventi di private sale, ovvero vendite esclusive di prodotti di noti marchi tricolori ospitati da temporary store con sconti che oscillano tra il 50% e l’80 per cento. Simili eventi, in occasione dei quali i daigou riescono a mettere a segno scontrini anche da 40mila euro, interessano tutto il Paese tramite player come Miss Sample Sale, riporta la testata*.
“Ci sono abiti, ma soprattutto scarpe e accessori di collezioni passate – avrebbe spiegato proprio a Panorama un’impiegata del settore -. Gli italiani comprano due, massimo tre pezzi. I cinesi difficilmente meno di cinquanta”. E a proposito delle recenti evoluzioni nelle dinamiche di mercato, non può che spiccare l’isolamento del mercato russo, che sta cambiando le carte in tavola. “Nelle ultime settimane alle cinesi si affianca qualche russa – è intervenuta un’altra operatrice -. Chissà non siano loro le prossime grandi acquirenti”.
A testimonianza di come la moda si trovi ad un bivio tra l’applicazione delle sanzioni in linea con le disposizioni di Bruxelles e l’esigenza di salvaguardare le finanze delle proprie aziende, arriva anche la notizia dell’e-commerce russo Wildberries. Secondo fonti giornalistiche internazionali, starebbe continuando a vendere le collezioni dei brand di casa Inditex che, dal canto suo, aveva sospeso le attività in Russia. Tra questi anche la capogruppo Zara.
Una fonte vicina a Inditex, si legge su Reuters, avrebbe rivelato che gli articoli disponibili su Wildberries erano scorte invendute che si trovavano già in terra russa quando il colosso spagnolo ha sospeso le attività lì. Da quel momento, il gruppo ha smesso di commercializzare i propri prodotti nel Paese ma la piattaforma Wildberries, riporta ancora l’agenzia di stampa, starebbe acquistando i pezzi targati Inditex “senza intermediari, solo per via diretta da produttori o distributori ufficiali”.
Restano quindi opacità sulle modalità in cui le dinamiche del parallelo si stanno dispiegando, ma è evidente come la moda, europea in particolare, stia cercando di farsi largo tra le maglie delle misure imposte in seguito al conflitto e che stanno riconfigurando gli equilibri geopolitici ed economici.
La Russia, infatti, schiacciata dal regime sanzionatorio e dall’arrancare della supply chain, intanto ha legalizzato le importazioni parallele, che consentono appunto ai retailer di vendere prodotti di terzi all’estero senza il lasciapassare dei proprietari dei marchi interessati. Una mossa proprio in risposta alla sospensione delle attività commerciali di gran parte dei marchi occidentali nel Paese a causa del conflitto in Ucraina, finalizzata a dare sostegno soprattutto alle piccole e medie imprese e ai consumatori.
*notizia modificata il 21 giugno alle ore 17
In precedenza era stato riportato il nome di una azienda attiva nel segmento delle private sales, citata nell’articolo di Panorama e che ha smentito ufficialmente al settimanale la sua familiarità con il fenomeno dei daigou.