L’onda lunga dei rincari energetici, che da tempo stanno penalizzando i settori energivori ma che ora, con la guerra in Ucraina, hanno visto balzare i prezzi dell’elettricità alle stelle, inizia a fare le prime “vittime”. I primi settori ad essere costretti a chiudere temporaneamente la produzione sono state alcune aziende siderugiche e cartiere. Per ora il mondo della moda sta reggendo. Ma fino a quando? “Non si sa ma potrebbe capitare anche al nostro settore” avverte Sergio Tamborini, neo presidente di Sistema moda Italia (Smi). “Le coperture energetiche, già in essere, stanno finendo e esistono situazioni dove alcuni fornitori si trovano a non averle più”. Uno scenario che potrebbe mettere a rischio l’intero sistema moda, considerato il tessuto industriale italiano che realizza in gran parte per conto delle griffe internazionali.
Tamborini, intervistato da Pambianconews, getta acqua sul fuoco. “Parlare di energia in un momento come questo sembra quasi fuori luogo di fronte alla crisi umanitari dovuta alla guerra tra russi e ucraini. Tuttavia è un problema reale. C’è da dire che la guerra sull’energia è iniziata prima del conflitto vero ed è stata esacerbata dalla situazione attuale. Il settore tessile, per far capire l’entità del problema, si trova in decima posizione circa come consumi d’energia”.
Per questo motivo le associazioni d’impresa dei comparti della moda Sistema Moda Italia e Assocalzaturifici insieme ai sindacati nazionali di categoria Femca-Cisl, Filctem-Cgil e Uiltec-Uil hanno chiesto un incontro urgente al Ministro del Lavoro perché vengano assunti provvedimenti immediati in favore delle aziende che subiscono gli effetti diretti ed indiretti del conflitto in atto tra Russia ed Ucraina, in particolare quelli collegati all’aumento esponenziale appunto dei costi energetici e le sanzioni dirette ed indirette che hanno limitato o bloccato le spedizioni di prodotti finiti in Russia e nei Paesi limitrofi. Al governo è stato richiesto un ammortizzatore sociale straordinario (sul modello della Cassa-Covid), da mettere subito a disposizione delle aziende direttamente interessate e che presenta due caratteristiche: esclusione dei costi accessori e l’esclusione dai limiti temporali relativi alla Cig ordinaria e straordinaria.
La situazione non semplice con cui si è aperto il 2022 ha alimentato le preoccupazioni per il recupero del settore tessile-moda italiano. “Il 2021 si è chiuso con una ripresa a macchia di leopardo – spiega Tamborini – per esempio i distretti che producono per lo sportswear hanno realizzato performance migliori rispetto al formale. Siamo però tornati in una fase critica. La situazione non è leggibile dal punto di vista delle previsioni. Domina l’incertezza che in genere porta a viaggiare di meno e a fare più attenzione alle spese”. Impossibili le previsioni anche sul fronte produttivo. “Sono a rischio i fornitori e le aziende che producono prodotti chimici a monte della filiera, oltre alla supply chain dalla Cina che era la fabbrica del mondo a causa dei costi dei trasporti marittimi. Il tutto di fronte ad un mercato che vuole tutto e subito”.
Guardando oltre la situazione contingente, uno dei punti fermi del mandato del neo presidente Tamborini sarà la sfida della vera sostenibilità di settore. “È stato un concetto spesso abusato ma è altrettanto vero che è un concetto fondamentale per il nostro settore, dato che un sesto dei lavoratori di tutto il mondo sono impegnati nel comparto tessile. Ed è anche un settore al centro della produzione di molti scarti”. Per questo motivo, secondo Tamborini, sono due le direttrici da percorrere. “Dobbiamo utilizzare gli indici europei sulla sostenibilità. E va portato avanti il discorso sulla riciclabilità, inteso come tendenza al riuso, al riciclo appunto e, in ultima possibilità, la termovalorizzazione nelle discariche”. Nei mesi scorsi Smi ha dato vita al consorzio Retex.Green, formato esclusivamente da produttori italiani, per il riciclo nella moda. “Oggi è già presente la raccolta di abiti usati ma in alcuni casi non è gestita in modo ottimale e, comunque, non è sufficiente. L’Italia ha recepito in anticipo la norma europea che prevede l’obbligo della differenziata anche nel tessile e questa indicazione prevede he l’obbligo sia esteso anche al produttore, cosa che probabilmente avverrà nel 2023”. Come già accade in altri settori, quindi, anche i produttori di abbigliamento saranno responsabili del riciclo. “Come consorzio stiamo dando un servizio alle imprese e stiamo dialogando costantemente con il governo per gestire al meglio questo cambiamento. Che è anche un’opportunità perché ricordiamoci che la gestione della fase del riciclo potrebbe portare a nuovi posti di lavoro”.