Indicam–Associazione per la tutela della Proprietà intellettuale e la lotta alla Contraffazione lancia l’allarme sulla contraffazione online e sul ruolo dei social media, confermando la portata del fenomeno già messo in luce nei giorni scorsi da una ricerca pubblicata da Reuters e ha suggerito le best practices per arginarlo. “Il mercato del falso online riguarda tutte le categorie – ha spiegato il presidente dell’associazione Mario Peserico – e spesso manca una cultura attenta di prevenzione e di corretta data analysis. Questo comporta il rischio di lasciare sostanzialmente libera l’offerta online di prodotti contraffatti. Se guardiamo all’e-commerce le stime sono tutte in crescita”.
Secondo Indicam, c’è un urgente bisogno di maggiore regolamentazione sul fronte degli operatori online e dei social media. Qualche esempio? Per l’associazione basta guardare la punta di diamante di Meta, dove è fondamentale implementare la sezione “Trasparenza” su Instagram (già disponibile su Facebook). “Di solito, non sono disponibili dettagli di contatto – commenta l’ente -. Per tutte le pagine commerciali (che promuovono la vendita di prodotti) dovrebbe essere richiesto di fornire dettagli di contatto. Dopo l’avviso di rimozione, di solito le pagine contraffatte vengono rimosse, ma spesso ne viene creata una nuova dallo stesso venditore utilizzando un indirizzo e-mail diverso. Le piattaforme potrebbero implementare delle restrizioni relative agli indirizzi IP e/o ai numeri di telefono identici (spesso WhatsApp). Le piattaforme potrebbero essere più proattive per quanto riguarda la protezione dei diritti IP. Alcune parole chiave, poi, non dovrebbero essere permesse nel nome della pagina o se permesse dovrebbero essere un chiaro indicatore per le piattaforme per rendere la rimozione automatica”.
Ma ancor più dura è la presa di posizione contro la mancanza di un’adeguata sorveglianza su Telegram. “La piattaforma è totalmente insensibile al momento e tutti gli avvisi di rimozione sono stati ignorati. L’app è altamente collegata alle pagine Instagram russe contenenti merci contraffatte”. L’anonimato fornito dalle piattaforme di social media e la mancanza di punizioni serie per i trasgressori ripetuti, significa un monitoraggio costante da parte del marchio senza misure proattive che potrebbero almeno diminuire il volume dei nuovi profili di violazione quotidiani. Il costo quindi per attività di brand protection da parte dei titolari dei marchi è molto alto e spesso una sorta di “battaglia contro i mulini a vento” perché questi profili/pagine si ripresentano continuamente.
“Riteniamo – aggiunge Peserico – che siano ormai maturi i tempi perché le piattaforme si dotino di sistemi proattivi di rimozione dai loro canali delle merci contraffatte alleggerendo il costo di attività di monitoraggio che sono in capo principalmente ai titolari dei diritti. Infine, serve una proposta concreta di incentivo soprattutto alle Pmi per dotarsi di sistemi e consulenti di brand protection per diffondere sempre più l’idea che la protezione dei diritti di proprietà intellettuale non è solo un costo ma un’opportunità”.
Negli ultimi anni la rapida espansione del commercio elettronico è coincisa con una maggiore fiducia dei consumatori verso l’acquisto online di prodotti e servizi; questa tendenza ha però portato con sé delle problematiche, ovvero un corrispondente boom delle vendite digitali di prodotti contraffatti. Fattore che ha un impatto rilevante in particolar modo sul comparto moda, che sembra essere il segmento più redditizio il mercato dei falsi che, dal canto suo, non mostra segnali di sofferenza e continua fiorire. In generale basti pensare che il valore di questo business criminale supera i 500 miliardi di dollari (441,1 miliardi di euro) a livello mondiale e l’Italia è uno dei paesi più colpiti; secondo i dati Ocse–Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, infatti, il valore del commercio mondiale di prodotti made in Italy contraffatti dei settori tessile, moda e accessorio ammonta a 5,2 miliardi di euro l’anno.
Tra il 2018 e il 2020 le vendite al dettaglio online sono aumentate del 41 % nelle principali economie, lo studio Ocse–Euipo ‘Misuse of e-commerce for trade in counterfeits’ ha messo in evidenza come durante la pandemia, le attività di commercio illecito si siano particolarmente diffuse nell’ambiente virtuale. Le autorità di contrasto nel settore informatico hanno segnalato un aumento della cibercriminalità di vario tipo e la crescente popolarità del commercio elettronico non è passata inosservata ai contraffattori, che ne fanno un uso sempre maggiore per vendere articoli falsi ai consumatori, alcuni dei quali li acquistano confidando nella loro autenticità, mentre altri cercano attivamente contraffazioni sottocosto. Come si evince dal report, i sequestri di prodotti contraffatti legati al commercio elettronico nell’UE riguardano prevalentemente il comparto moda, tra cui calzature (33,7 % dei sequestri totali), abbigliamento (17,3%), profumi e cosmetici (9,6%), articoli in pelle (8,7%), macchine e attrezzature elettriche (6,5%), giocattoli (5,5%) e orologi (5,2%). “I soggetti malintenzionati hanno prosperato sui mercati del commercio elettronico – si legge nel report – data la relativa facilità nel creare siti dove vendere contraffazioni. Inoltre, continuano a escogitare nuovi modi per infiltrarsi con i loro prodotti contraffatti nelle piattaforme di fiducia”.
La ricerca pubblicata da Euipo ‘Vendor accounts on third party trading platforms’, nell’ambito della serie di studi sullo sfruttamento delle piattaforme online per la vendita e promozione di prodotti che violano i diritti di proprietà intellettuale, rileva alcuni trend emergenti, tra cui: utilizzo sistematico, da parte di gruppi criminali organizzati, di piattaforme di vendita prodotti tramite molteplici account; inserimento di annunci di prodotti illeciti su siti web/pagine social media legittimi per reindirizzare i consumatori su website esterni su cui vengono venduti beni falsi e pubblicizzazione di prodotti contraffatti tramite post, messaggi e gruppi pubblici e privati, live-streaming. E, sebbene le autorità di contrasto siano attivamente impegnate nell’individuazione e nella chiusura di siti fraudolenti e lavorino con i principali operatori di piattaforma e titolari di marchi per contrastare le vendite di prodotti contraffatti, il problema rimane significativo e si sta espandendo.