Di fronte a un mondo del lusso in crescita dimensionale, diventano tangibili le sinergie delle aggregazioni nella filiera. La rivoluzione è solo all’inizio. All’orizzonte ci sono nuove operazioni e l’ingresso di player internazionali.
Èl’Italia il Paese leader nella produzione di moda di alta gamma. Nel 2018, in occasione del Fashion & Luxury Summit di Pambianco, erano state messe nero su bianco le cifre del primato italiano nel lusso: circa il 70% della manifattura di fascia alta viene realizzato da piccole e medie aziende terziste italiane. Oggi, questa percentuale è salita all’80% ed è indicativa dell’importanza del tessuto delle piccole realtà italiane che producono quasi esclusivamente per i marchi di lusso internazionali. Un primato ormai conosciuto in tutto il mondo, e che sta diventando a tal punto strategico da innescare un’evoluzione sostanziale anche nel panorama dei terzisti. Di fronte a un mercato del lusso in forte ascesa, anche dimensionale, e raccolto attorno ai colossi internazionali, anche la moltitudine di piccole aziende italiane produttrici conto terzi ha fatto uno scatto in avanti strutturandosi in gruppi o entrando in nuovi poli B2B di produzione strutturati e che consentono, in questo modo, una gestione sinergica delle risorse produttive. Insomma, si sta ricreando il tessuto fertile per l’effettiva nascita di cosiddetti poli manifatturieri del lusso. È una rivoluzione solo agli esordi. Perché all’orizzonte si profilano nuove operazioni e il possibile ingresso anche di player internazionali. Per Alessio Candi, Consulting e M&A Director di Pambianco, la partita dei poli terzisti di produzione per le insegne di lusso internazionali è una realtà inevitabile: “L’Italia è e resterà un Paese di manifattura, elemento che rende unico il panorama italiano a differenza di quello europeo, per esempio, dove la manifattura di fascia alta si è indebolita con il tempo. In più, la peculiarità italiana è quella della presenza dei distretti, il che consente di trovare in uno stesso territorio una serie di piccoli produttori molto flessibili, in grado di gestire piccoli o grandi stock per i brand del lusso”.
Nella costituzione di questi poli, i vantaggi per le aziende acquisite sono stati numerosi. Prima di tutto significa poter diventare un interlocutore privilegiato dei grandi marchi che possono poggiare su di un network di aziende produttive con caratteristiche diverse, ma dalle sinergie comuni. E, d’altro canto, per le stesse manifatture rappresenta la possibilità di potersi avvantaggiare dal ‘cross selling’ di marchi. F
FIOCCANO LE OPERAZIONI TRA 2020 E 2021
Ecco che, negli ultimi due anni, le operazioni che si sono susseguite sono state 15. Sebbene non sia possibile avere una stima dei valori precisi di ciascuna operazione, è sicuramente da segnalare il fatto che, secondo quanto confermato dagli addetti ai lavori, la domanda di aziende manifatturiere abbia incrementato i parametri di acquisto negli ultimi anni. Tra i primi a lanciare la sfida della creazione di holding ad hoc c’è Holding Industriale (Hind) con Uno Maglia. La storica azienda di abbigliamento aretina era stata acquisita nel 2008 ma solo nel 2018 nasce l’idea, attraverso Holding Moda, di creare il primo polo industriale B2B della manifattura made in Italy. Hind ora conta sette aziende al suo interno (Uno Maglia, Alex & Co, Rbs, Albachiara, Gab, Project Officina Creativa e Valmor) di cui cinque rilevate tra 2020 e 2021. Negli stessi anni anche Pattern, società quotata a Piazza Affari dal 2019, ha iniziato a dare vita al suo progetto di polo della manifattura prima con l’acquisizione nel 2017 di Roscini Atelier in Umbria, nel 2019 della società emiliana Smt e, nel 2021, con Idee Partners (per quattro milioni di euro). Lo scatto in avanti nella polarizzazione del tessuto manifatturiero è arrivato nel 2020. Anno in cui debutta il Gruppo Florence, nato sotto l’egida della holding milanese Vam Investments (il cui presidente è l’ex Bulgari Francesco Trapani, esperto conoscitore del mondo del lusso) e di Fondo Italiano d’Investimento sgr, che esordisce con l’acquisizione contestuale delle aziende toscane Giuntini, Ciemmeci fashion e Mely’s. Nel 2021 il network di aziende acquisite si è allargato con quattro nuove realtà, numero destinato ad aumentare a quota 12 imprese nel breve termine per poi, con ogni probabilità, approdare in Borsa. Nella galassia dei poli manifatturieri c’è poi da segnalare il Gruppo Star New Generation (posseduto al 70% da Star Capital tramite il fondo Star IV – Private Equity Fund e al 30% dalla famiglia Marzioni) che dopo le acquisizioni del 2018 di International Promo Studio e Moda Italia, ha arricchito il bouquet di aziende rilevando il 70% di Effe 2 Studio e Confezioni S.r.l., specializzata nella lavorazione del jersey per conto delle aziende di alta moda.
NON SOLO ABBIGLIAMENTO
Nel mirino delle holding non c’è solo il settore abbigliamento. L’altro ambito che sta strutturando la sua offerta attraverso l’aggregazione delle perle manifatturiere italiane è il mondo delle calzature (settore peraltro nel quale si stanno espandendo anche gli stessi poli del fashion). Lo conferma il caso di Gruppo Manifatture Italiane, holding per la produzione made in Italy di sneaker e scarpe formali di lusso promosso dall’azionista di maggioranza Consilium sgr. Le prime acquisizioni sono datate 2018 (River Group ed Energy), seguite poi dal Calzaturificio Claudia nel 2019 e nel 2020 da quello di Broma. Sempre nel mondo dei terzisti calzaturieri per i marchi di fascia alta, c’è da segnalare anche l’operazione che ha portato nel 2019 il fondo Lion Capital, attraverso il veicolo Leopardi Holding MidCo Limited a rilevare la maggioranza del Gruppo Menghi.