Ammonta a due miliardi di dollari (1,7 miliardi di euro) la valutazione stellare a cui è arrivata Ltk, l’azienda texana fondata dieci anni fa dalla fashion blogger, divenuta imprenditrice, Amber Venz Box. Si tratta di un business la cui tecnologia permette alle influencer, tramite una vera propria app di shopping, di monetizzare i propri contenuti fashion attraverso il meccanismo dei link di affiliazione. Il raggio d’azione di Ltk si è poi esteso a servizi di consulenza sulle strategie di crescita e le partnership con i brand.
La capitalizzazione dell’azienda con sede a Dallas è schizzata a una quota vertiginosa dopo l’investimento da 300 milioni di dollari (circa 266,4 milioni di euro) da parte di SoftBank, annunciato proprio ieri. Angela Du, investment director della holding finanziaria nipponica, entrerà a far parte del consiglio d’amministrazione della società in seguito ai finanziamenti che Ltk impiegherà per crescere a livello internazionale e potenziare l’esperienza d’acquisto dei consumatori.
Per intuire la portata del fenomeno, basti pensare che (come si legge in Business of fashion) le influencer che si sono appoggiate a Ltk hanno venduto prodotti per circa 3 miliardi di dollari (2,66 miliardi di euro) nell’ultimo anno, tra sponsorizzazioni e brand propri. E il salto tra le due dimensioni sembra rappresentare l’upgrade necessario di una figura sempre più ‘into business’.
Insomma, un segnale tangibile della trasformazione completa delle influencer in imprenditrici che non si accontentano più di fare da vetrina ai marchi altrui. È vero che i media americani, in merito all’influencer marketing, parlano di una ‘bolla’ pronta a sgonfiarsi da un momento all’altro, ma a guidare la trasformazione di quelli che in origine erano i ‘blogger’ ci sono importanti motivazioni strategiche. E uno scenario che ancora offre praterie da scoprire.
Le più lungimiranti avevano già fiutato il vento precorrendo i tempi. La nostrana Chiara Ferragni ha fondato la sua Collection nel 2010, con una linea di scarpe il cui ormai inconfondibile occhiolino strizzato nel 2013 ha iniziato a campeggiare su una selezione completa di capi e accessori. Prima ancora ci erano arrivate le Kardashian, che già nel lontano 2006, pioniere di un nuovo modo di fare imprenditoria e spettacolo, hanno aperto la prima boutique della loro insegna Dash, dedicata al fashion.
Nell’olimpo delle celebrity un altro posto d’onore non può che andare a Rihanna, la popstar di fama mondiale la cui popolarità anche sui social media l’ha resa una vera e propria imprenditrice. Nonostante il poco fortunato esperimento della sua label di abbigliamento luxury sotto l’egida di Lvmh, la sua collezione di lingerie Savage x Fenty ha continuato a correre ed è prossima al debutto nel retail per l’inizio del 2022. Analogo successo per la sua linea beauty, nata nel 2017 e da allora approdata negli store Sephora, con un fatturato che nel 2021 promette di sfiorare i 5 miliardi di dollari.
Se le celebrità sono quelle che hanno guidato il fenomeno, esiste una pletora di influencer che vanta molto meno peso, in termini di follower ed engagement, la quale guarda proprio alle pioniere che sono arrivate per prime. Un fenomeno che anche in Italia ha una serie di esempi emblematici di nuovi brand impostati sulla visione, la personalità e il tone of voice, oltre che l’ambito d’appartenenza, delle giovani star. Il primo intento che muove il debutto imprenditoriale è sicuramente legato al business: generare una nuova fonte di profitto slegata dal ruolo di cassa di risonanza per brand terzi che tradizionalmente definisce la figura dell’influencer. Ma la scelta ha anche a che fare con il posizionamento della propria identità, che deve uscire dal web affinché anche il suo nucleo virtuale ne risulti potenziato. Si tratta di una forma avanzata di self-branding, di cui il marchio diventa l’espressione.
Insomma ‘influenzare’ non è più sufficiente, a quanto pare. Certo, ancora non si captano segnali di un allontanamento dei brand dai personaggi dei social, anzi. Nel 2020 l’influencer marketing globale ha viaggiato a quota 9,7 miliardi di dollari; in Italia, alla fine del 2021, come emerge dalla stima di Upa, il valore di questo mercato si è assesterà intorno ai 272 milioni di euro, in aumento del 12% rispetto all’anno precedente e rappresentando una quota tra il 3% e il 4% degli investimenti pubblicitari. Eppure, sebbene gran parte di questo capitale vada nelle tasche delle celebrities, c’è anche un esercito di intermediari che si prende la propria fetta lungo la strada. Senza contare l’incertezza, catalizzata dalla pandemia, sulla possibile durata a lungo termine di questi lucrosi accordi con i brand e che sta spingendo a esplorare nuove vie potenzialmente redditizie.
Un approfondimento sul tema dei brand fondati dalle influencer è sviluppato nell’ultimo numero di Pambianco Magazine.