La storica intesa sulla Global minimum tax annunciata ad inizio ottobre ed ora accettata anche dall’Irlanda, ha già prodotto effetti positivi nelle relazioni fra Stati Uniti ed Europa, e in particolare nei confronti del made in Italy su cui gravava da alcuni mesi lo spettro di un dazio aggiuntivo del 25% sul valore dichiarato all’import di scarpe e borse (oltre abbigliamento e occhiali).
Con un accordo transitorio siglato da sei Paesi (Stati uniti, Italia, Francia, Spagna, Austria e Regno Unito), i Paesi firmatari si sono impegnati ad abolire le tasse sui servizi digitali, e Washington si impegna a ritirare i dazi punitivi del 25% su alcune categorie di prodotti, in attesa che l’accordo definitivo sulla Global Tax entri in vigore nel 2023. C’è da dire che i dazi erano stati annunciati, ma già sospesi dal presidente americano Joe Biden, confidando appunto in una soluzione in sede Ocse sulla tassazione globale.
L’accordo firmato da 136 Paesi Ocse su 140 si fonda su due pilastri: il primo prevede che almeno una parte dei profitti debbano essere tassati nel Paese in cui la multinazionale effettivamente opera (è su questa cifra che le Big Tech Usa potranno guadagnare un credito d’imposta); il secondo, che la corporate tax non possa essere inferiore al 15% degli utili. L’intesa globale, che ha incassato questo mese anche il via libera dell’Irlanda, attende ora il sigillo finale del leader mondiali al G20 del 30-31 ottobre a Roma.