Anche l’azienda californiana Lulu’s vola verso l’Ipo. Il retailer specializzato nella vendita online di abbigliamento femminile ha chiuso l’ultimo trimestre con ricavi compresi tra i 105 e i 106 milioni di dollari (circa 90,6 – 91,4 milioni di euro) e profitti per 50 milioni (circa 43 in euro). La sua natura digitale è stata premiata dal cambiamento delle abitudini di consumo consolidato durante la pandemia, in seguito alla quale Lulu’s ha maturato la scelta della quotazione in Borsa. La società prevede di scambiare le sue azioni sul mercato globale Nasdaq con il simbolo Lvlu.
La società ha depositato qualche giorno fa la documentazione presso la Securities and Exchange Commission degli Stati Uniti quotando la dimensione dell’offerta a cento milioni di euro (86,2 milioni di euro), stima che potrebbe variare quando verranno stabiliti i termini della vendita delle azioni. Sostenuto da H.I.G. Capital, Lulu’s potrebbe arrivare alla valutazione di un miliardo di dollari, come riportato a luglio da Bloomberg.
Nata come boutique vintage nel 1995 a Chico, in California, da madre e figlia Debra Cannon e Colleen Winter, Lulu’s si è poi convertita nel 2008 a un’attività interamente digitale che adotta un modello produttivo assimilabile ai più noti nomi del fast fashion. Priva di una rete retail, la label conta 2,5 milioni di clienti attività e una community di 7,5 milioni di follower sui suoi profili social.
“Il nostro modello di creazione e cura dei prodotti – ha spiegato la società – sfrutta la strategia del ‘test, apprendimento e riordino’ per portare sul mercato centinaia di nuovi prodotti ogni settimana; li testiamo in piccoli lotti, impariamo a conoscere la domanda dei clienti e quindi riordiniamo rapidamente i prodotti vincenti in volumi più elevati per ottimizzare la redditività”.
A guidare Lulu’s nell’offerta pubblica iniziale ci saranno Goldman Sachs, Bank of America e Jefferies.