La fashion industry britannica non passa il test dell’inclusività. A decretarlo è il rapporto ‘Rappresentanza e inclusione nell’industria della moda’, appena pubblicato dall’All-Party Parliamentary Group for Textiles and Fashion, che ha tratteggiato un quadro ancora ben lontano dagli obiettivi di diversity che il sistema da tempo si prefigge.
Lo studio rivela che il 68% delle persone intervistate ha subito o assistito a discriminazioni nell’ambito del sistema moda. Nello specifico, il report si è concentrato sue tre aree di discriminazione: disabilità, etnia e orientamento sessuale/identità di genere. L’85% degli intervistati non si sente rappresentato da campagne pubblicitarie, servizi di moda o sfilate, e l’83%, intanto, ha dichiarato che il posizionamento ideologico di un brand in termini di inclusività ha un forte impatto nella decisione di acquistarne o meno i prodotti.
Per l’82,8% dei partecipanti alla survey, ancora, il governo dovrebbe svolgere un ruolo nel garantire l’inclusività delle case di moda e una maggiore rappresentatività all’interno dell’intera industria.
“Spero che questo documento venga letto ampiamente, sia dall’industria sia dal governo, e che le nostre raccomandazioni servano come tabella di marcia verso un’industria della moda britannica più inclusiva, rappresentativa e di successo”, ha affermato Lisa Cameron, presidente del gruppo parlamentare nonché psicologa clinica nell’ambito del National Health Service.
L’indagine è stata redatta dai membri del gruppo di advocacy Fashion Roundtable, che sostiene l’industria della moda e sollecita il governo del Regno Unito a orientarsi verso un futuro più rappresentativo, equo e sostenibile.
Royce Mahawatte, docente di studi culturali presso la Central Saint Martins e coautore del rapporto, ha affermato che lo studio ha solo scalfito la superficie del problema, rivelando sistemi di discriminazione ed esclusione in realtà ben più profondi e radicati nella fashion industry.
“Mentre sono lieto che siamo stati in grado di produrre questo rapporto ambizioso, sono anche costernato per le testimonianze che abbiamo ascoltato. Spero che sia il governo che l’industria possano utilizzare i nostri ammonimenti e cercare di affrontare gli squilibri che abbiamo riscontrato intraprendendo ulteriori strade su questa area di ricerca”, ha commentato Mahawatte.
Gli fa eco Lottie Jackson, giornalista, attivista per la disabilità ed editor di Fashion Roundtable: “Dobbiamo sfidare i sistemi che ci dicono continuamente che la bellezza si trova nei canoni archetipici. La vera rappresentazione riguarda l’autenticità, l’empatia e la collaborazione. Nella moda e nella politica, dobbiamo fare di tutto per garantire che un intero spettro di identità venga ascoltato, valutato e presentato nei modi più creativi. È qui che risiede la vera bellezza”.