L’incremento registrato dalle quotazioni dei metalli preziosi, il calo della domanda mondiale, le misure di contenimento adottate (chiusura delle aziende durante il primo lockdown, chiusura del canale retail fisico in tutti i vari lockdown non solo in Italia, ma anche in molti tradizionali mercati di sbocco) e lo stop forzato dei viaggi sia per turismo sia d’affari. Ci sono queste motivazioni alla base del calo registrato nel 2020 dall’’industria orafa-argentiera-gioielliera, che, sulla base delle stime elaborate dal Centro Studi di Confindustria Moda, ha riportato un decremento del giro d’affari del 27,6% su base annua.
Lo scorso anno, dunque, il turnover settoriale, da ricondurre nello specifico alle aziende più strettamente manifatturiere/trasformatrici, cala sui 5,7 miliardi, ovvero 2,2 miliardi in meno rispetto ai livelli del 2019. La produzione fisica, come certifica l’indice Istat corretto per gli effetti di calendario, archivia una contrazione pari al -28,1 per cento.
La domanda nazionale di oro destinata all’oreficeria-gioielleria perde 24,6 punti percentuali (dati World Gold Council), nel caso dell’argento la domanda italiana destinata alla gioielleria e quella destinata all’argenteria cedono rispettivamente il -18,6% e il -35 per cento (dati The Silver Institute).
“Visto lo scenario prima ricordato – si legge nella nota di Confindustria Federorafi, nel 2020 anche il commercio con l’estero registra decrementi significativi rispetto all’anno precedente. L’export arretra del -27,8% su base annua, scendendo a poco più di 5 miliardi dagli oltre 6,9 raggiunti nel 2019″. La propensione all’export del settore si mantiene elevata e si porta all’88,2 per cento.
Nel corso del 2020 le aziende attive sono complessivamente calate di circa 170 unità (-2,3 per cento). In tema “lavoro”, per tutto il 2020, inoltre, le aziende hanno fatto ampio ricorso agli ammortizzatori sociali.
“L’analisi dei partner commerciali – prosegue la nota di Confindustria Federorafi – evidenzia che la Svizzera cede il primo posto agli Stati Uniti; mentre la Svizzera accusa infatti una flessione di particolare intensità, pari al -41,1%, l’export verso gli Usa vede un contenimento della flessione al -2,3%; gli Stati Uniti superano, quindi, ampiamente la Svizzera, nonché Francia ed Emirati Arabi”.
La prima provincia per valore di export di settore è risultata Arezzo, che già nel 2019 aveva superato Alessandria; la provincia toscana registra tuttavia un decremento del -29,1% su base annua, passando a un totale di 1,5 miliardi di euro. Alessandria presenta la flessione di maggior gravità, archiviando il 2020 in calo del -44,0% e scendendo così al di sotto di 1,2 miliardi di euro. In terza posizione si conferma sempre Vicenza, il cui export, in arretramento del -21,4%, si attesta a quota 1,09 miliardi.
“Il trend di fine 2020, positivo su alcuni mercati – conclude il comunicato della federazione nazionale -, è continuato nei primi mesi 2021 atteso il fatto che le esportazioni nei primi due mesi del corrente anno si sono quasi allineate a quelle del 2020”.