Diadora, da oltre 70 anni nel mercato, ha contribuito a scrivere le pagine più belle della storia dello sport. Presente in più di 60 mercati nel mondo, sta continuando la sua espansione grazie a un’ampia offerta di prodotti all’avanguardia, focalizzati nell’ambito delle performance e nell’ambito fashion, con la linea premium Heritage e con quella Sportswear. Enrico Moretti Polegato, presidente di Diadora, racconta l’azienda.
Come si è svolta l’operazione di acquisizione di Diadora?
Si è trattato di salvare quello che non è solo un marchio, ma un pezzo di storia dello sport italiano. L’operazione è iniziata nel 2009, quando è stato chiesto a L.I.R., la holding di proprietà della nostra famiglia che controlla anche Geox, di partecipare al rilancio di Diadora, che stava attraversando un momento di difficoltà economica. Ho ritenuto che potesse essere un bel progetto per tre motivi: da un punto di vista di orgoglio nazionale, non avrei mai voluto che un marchio così pieno di significato andasse perduto; da un punto di vista strategico-territoriale, poichè si vedeva che la difficoltà era più di Diadora azienda che di Diadora marchio. Infine, la terza motivazione è strettamente mia personale: avere l’occasione di crescere professionalmente.
Quali sono stati i primi obiettivi che vi siete posti una volta acquisita?
Portare l’azienda ad essere di nuovo solida dal punto di vista economico, finanziario e commerciale, e ridare la giustà visibilità al marchio, parlando la sua lingua. Direi che sono stati ampiamente raggiunti.
Oggi quali sono i numeri di Diadora?
Nel 2019 il fatturato ha raggiunto i 168 milioni di euro, escluse licenze soprattutto di mercati lontani. Diadora ha ricominciato a produrre utili già nel primo anno questa generazione di utili e di cassa è continuata nel tempo, compreso il 2019.
Quali sono le previsioni del 2020?
L’anno è piuttosto complicato, nonostante questo pensiamo di portare risultati migliori di quelli che avevamo previsto a marzo/aprile.
A cosa si deve questo miglioramento?
Questo sviluppo, sia dal punto di vista economico che finanziario, è guidato da settori di mercato sui quali avevamo puntato, perché erano quelli che secondo noi definivano l’identità di Diadora, e da settori di mercato nei quali abbiamo un contatto diretto col consumatore. La risposta positiva ci viene quindi da chi il nostro prodotto lo indossa e lo apprezza.
Avete avuto il vantaggio di poter far leva su questa notorietà storica o siete dovuti ripartire da zero?
Dipende dai mercati e dalle categorie di prodotto: se parliamo del running, Diadora ha cominciato a parlarne seriamente con la nuova gestione. Per la linea Heritage, fatta di sneaker da tutti i giorni che riproducono i modelli storici di Diadora, la storicità è proprio la ragion d’essere della linea di prodotto. È quindi una situazione eterogenea.
Heritage è prodotta in Italia?
Buona parte di Heritage è fatta in Italia. In realtà il rapporto tra Diadora e l’Italia è ben più radicato dell’esistenza della linea Heritage, l’italianità è uno degli elementi costitutivi del marchio. All’inizio lo avevamo interpretato soprattutto come il saper fare italiano, poi però abbiamo deciso di investire ulteriormente in questa identità italiana con un processo di reshoring portando in Italia parte della produzione che negli anni passati era stata delocalizzata. Abbiamo riaperto una linea produttiva storica nella nostra sede di Caerano San Marco, dove produciamo il top di gamma.
Oggi quanto pesa per voi e-commerce e distribuzione diretta?
L’e-commerce in toto rappresenta circa un 5-8% delle nostre vendite. Non abbiamo invece una catena di retail su strada. Abbiamo qualche negozio monomarca Diadora, ma non fa parte delle strategie di sviluppo dell’azienda.
Parlando di sostenibilità, avete accelerato su questi progetti o è un qualcosa che c’era già prima?
Abbiamo elaborato un piano che viene aggiornato di anno in anno. Le attività principali sono tre: attività corporate, controllo di supply chain attraverso una certificazione che richiediamo ai nostri fornitori e innovazione di prodotto. Per citarne qualcuna, abbiamo abolito la pelle di canguro dalle nostre scarpe e per le t-shirt utilizziamo cotone certificato Gots.