Per il tessile-abbigliamento la prima parte del 2020 è un vero e proprio bagno di sangue, con consumi al palo e il lockdown che ha chiuso le aziende e ha fatto lievitare la cassa integrazione, soprattutto nella divisione tessile, a monte della filiera e in particolare nelle aree produttive. Ma c’è un timido segnale di speranza che arriva dai dati dell’ufficio studi di Confindustria Moda sulla base dei dati diffusi dall’Osservatorio Statistico dell’Inps. Nel mese di maggio le ore di cassa integrazione autorizzare totali sono state 14.044.144: significa che la richiesta resta molto alta, ma in decisa contrazione del -70,1% rispetto al mese di aprile (47.024.611).
Si parla, certo, di una goccia nell’oceano se si considera che nel solo mese di aprile 2020 le ore sono triplicate rispetto alle ore richieste per tutto il 2019 (15.176.449), ma è un segnale importante. Analizzando il singolo dato di maggio, l’ultimo a disposizione dai dati Inps, si rileva che è l’industria del tessile a coprire, seppur di poco, il maggior numero di ore rispetto all’industria dell’abbigliamento: per la prima l’incidenza di ore autorizzate corrisponde al 50,1% del totale tessile-moda, mentre quella dell’abbigliamento corrisponde al 49,9 per cento. E si tratta sopratutto di operai: complessivamente sono il 65,1% del totale del settore moda, ripartiti tra il 34,2% per il tessile e il 30,8% per gli operai dell’abbigliamento. Per quanto riguarda le altre figure professionali coinvolte dagli strumenti della cassa integrazione, le ore autorizzate per gli impiegati riguardano il 15,9% quelli del settore e il restante 19,1% i dipendenti dell’abbigliamento.
Una situazione non semplice che si accompagna al crollo dei consumi nell’ambito del tessile-abbigliamento nella prima parte dell’anno, complice anche la chiusura forzata dei negozi nel periodo del lockdown. La fotografia è stata scattata da Sita Ricerca per conto di Smi-Sistema moda Italia e prende in considerazione i consumi di Tessile&Abbigliamento in Italia nei primi quattro mesi dell’anno e nel bimestre marzo-aprile. In questi due mesi, durante i quali i punti vendita “fisici” sono rimasti chiusi, i consumi si sono arrestati del 69,3%, mentre i primi quattro mesi del 2020 cedono il -33,7% a valore. La situazione non è molto differente per quanto riguarda il volume: la variazione raggiunge il -61,6% nel marzo-aprile, mentre nei quattro mesi il calo è del -31,3 per cento. Ed è un calo senza differenze di genere. Come spiega la nota di Confindustria Moda: “riguardano in egual misura i prodotti uomo e donna”. Ad evitare il blocco totale dei consumi ha contribuito solo l’e-commerce, risultato in controtendenza (oltre il +10%) e con la quota di e-shopper raddoppiata nei mesi di marzo-aprile”.
Secondo il presidente di Smi, Marino Vago, i dati emersi nello studio sottolineano comunque la dinamicità delle imprese italiane della filiera tessile nonostante la situazione critica, ma resta forte la preoccupazione. “I dati che emergono dagli studi odierni – spiega– evidenziano due principali fattori: il primo che dalla riapertura gli imprenditori stanno creando tutte le condizioni possibili per tenere saldi i mercati ed evadere gli ordini, al fine di mantenere in vita la filiera in tutte le sue parti; il secondo fattore è la messa in chiaro che le richieste d’aiuto da parte delle imprese al Governo stanno trovando un’amara conferma nei numeri, che destano grande preoccupazione per la tenuta del tessuto industriale italiano, fatto per la maggior parte da PMI”.