Il Covid-19 ha messo a dura prova l’industria calzaturiera italiana. Secondo i dati riportati da Assocalzaturifici, nei primi tre mesi dell’anno sono state esportate 52,7 milioni di paia di scarpe per 2,43 miliardi di euro (pari al -14,7% in volume e al -9,2% in valore). Nel solo mese di marzo, l’export è calato del 33,7% in quantità e del 30% in valore. Un trend destinato a peggiorare ulteriormente coi dati di aprile, in cui l’indice mensile Istat della produzione industriale calzaturiera ha registrato un -89,3% dopo il -55,2% di marzo. Mentre sul fronte dei consumi si è rilevato un calo delle vendite, nei primi quattro mesi, del -29,7% a volume e del -33,7% in termini di spesa.
A livello geografico, nelle prime 15 destinazioni cresce in volume solo la Polonia. La Corea del Sud ha segnato un +17,2% in valore, limitando la perdita in quantità a un -2,7%. La Germania ha perso il -6,1% nelle paia e il -3,3% in valore. Pesanti le flessioni dei flussi verso Cina e Hong Kong (-23% in quantità per entrambe). Analoga la riduzione delle paia dirette in Csi (-23,4%). Male, invece, gli Usa (-15,2%). Superiore al 20% il calo dei volumi esportati verso Svizzera e Francia, ai primi due posti per valore.
“Questi dati non fanno che confermare le tendenze negative emerse già qualche settimana fa dall’indagine relativa all’impatto dell’emergenza pandemica che abbiamo condotto presso le aziende del comparto in pieno lockdown”, ha sottolineato Siro Badon, presidente di Assocalzaturifici. “Le imprese hanno infatti accusato nel primo trimestre una flessione media del fatturato pari al -38,4% con una perdita complessiva settoriale stimata in 1,7 miliardi di euro”.
Inoltre, “la cassa integrazione guadagni nel bimestre aprile-maggio ha segnato un aumento complessivo pari al +2437%, 31,5 milioni di ore autorizzate contro 1,2 milioni dello stesso periodo 2019. In soli due mesi, dunque, quasi il quadruplo delle ore concesse nell’intero anno scorso”.