Lo smart working potrebbe essere una delle cause per cui nel primo mese di aperture dei negozi, dopo il lockdown, l’andamento delle vendite è stato fiacco. A dirlo in una nota è Renato Borghi, presidente di Federazione Moda Italia-Confcommercio, che ha ricordato come il 90% dei punti vendita della moda sia stato riavviato in sicurezza, ma, dopo una prima settimana incoraggiante, la risposta dei consumatori sarebbe piuttosto debole.
“Ad oggi – ha dichiarato Borghi -, nonostante gli sconti presenti nelle vetrine, il 76% dei fashion store ha registrato un calo delle vendite rispetto allo stesso periodo pre-Covid; per il 17% le entrate sono in linea con quelle dello scorso anno e solo un 7% ha avuto un incremento”.
Qualche soddisfazione, spiega il numero uno della federazione, è arrivata dallo shopping di prossimità. “Per il resto – ha aggiunto Borghi – si aspetta che si allentino le preoccupazioni, unitamente a un miglioramento del clima di fiducia che potrà arrivare con l’apertura dei confini e la ripresa del turismo, quanto meno quello intracomunitario”.
A ridurre significativamente gli spostamenti all’interno e verso le città più popolose è anche lo smart working: “Si capisce – ha concluso Borghi – che le aziende che hanno sfruttato questa nuova soluzione di lavoro abbiano tratto qualche beneficio dalla riduzione dei costi senza incidere più di tanto sulla produttività, ma al contempo ritengo che questo approccio non debba essere troppo prolungato in tempi di normalità, perché potrebbe avere effetti devastanti su relazioni sociali, consumi e trasporti”.