La velocità di risposta della filiera moda italiana, in grado di fare sistema in un momento di difficoltà senza precedenti e riconvertire la produzione in ottica di solidarietà. È questo il dato qualitativo più importante a circa un mese dal lancio del progetto che ha portato le aziende del tessile-moda del nostro Paese a fornire tessuto-non tessuto e a produrre mascherine per le strutture sanitarie e per la collettività.
A lanciare l’appello sono state Confindustria Moda e Cna Federmoda, con la regia di PwC Italia, che oggi spiega come il sistema sia in grado produrre 2,5 milioni di pezzi al giorno. “Un contributo fondamentale ora che si guarda alla fase due e che la riapertura delle attività richiede grande attenzione – ha spiegato a Pambianconews Erika Andreetta, partner di PwC Italia e responsabile del settore luxury goods -. In Italia non c’era esperienza produttiva di dispositivi sanitari come le mascherine, ma la risposta delle aziende, di dimensioni diverse e situate in diverse zone del Paese, è stata immediata. In questo processo di learning by doing, con grande lavoro di ricerca sui materiali, è stato fondamentale il dialogo con enti certificatori, in primis Centrocot, attivo nei test su camici, dispositivi medici e mascherine chirurgiche”.
Importantissimo anche il coordinamento dello Sportello Amianto Nazionale, promotore e redattore della proposta di progetto di riconversione d’emergenza di stabilimenti sul territorio Italiano, che ha delineato un preciso modello operativo delle reti di coordinamento controllo e gestione dei riassortimenti condiviso e gestito in sinergia con gli enti preposti. Grazie alla costante interlocuzione con l’ufficio del Commissario Straordinario che porterà alla collaborazione con la Protezione Civile Nazionale si riuscirà ad organizzare la transazione e la logistica per la consegna dei presidi.
Le mascherine filtranti prodotte secondo l’articolo 16, comma 2 D.L. del 17 marzo sono riciclabili al 100% e con un coefficiente di filtraggio antibatterico superiore all’80 per cento. L’obiettivo è ora che una parte di queste filiere vada a sopperire i bisogni del nostro Paese in maniera strutturata. “È necessario – ha concluso Andreetta – mantenere la produzione di questi presidi all’interno del Paese. Questo consente infatti di rispondere alla domanda in tempi rapidi e, conseguentemente, di non dipendere da produzioni estere. Molte aziende pensano di fare di queste produzioni nate con l’emergenza una linea di business e, in questo senso, non sono mancati fondi economici a sostegno. La filiera italiana ha dato prova di eccellenza per capacità di risposta all’emergenza e per la collaborazione tra tutti i suoi tasselli. Ora la volontà è quella di mantenere e rafforzare il know how acquisito perché non manchino dispositivi di protezione individuale negli ospedali e al servizio della collettività”.