Quale è il costo ambientale di un paio di jeans? Secondo il report The Hidden Costs of Jeans di Impact Institute and Abn Amro, attualmente, i retailer non pagherebbero abbastanza, nel momento in cui comprano capi in denim da un produttore, per compensare l’inquinamento delle acque, i consumi energetici e le pratiche di lavoro illecito connesse al settore. I rivenditori, spiega l’analisi dell’istituto di ricerca olandese, dovrebbero pagare 33 euro in più per ogni paio di jeans per tenere conto dei costi nascosti come danni al clima e diritti dei lavoratori.
L’analisi contribuisce ad accendere i riflettori sull’importanza del fattore ‘sostenibilità’ (principalmente quella ambientale) per il comparto del denim. Un fattore che rappresenta un elemento innovativo e strategico nella nuova fase di sviluppo del mercato della tela di Genova, non solo in termini aziendali, grazie ai risparmi produttivi che comporta (a fronte, in molti casi, di un sostanzioso investimento iniziale), ma anche nel raggiungimento del consumatore, sempre più sensibile e sensibilizzato nei confronti di pratiche e prodotti green. Peraltro, la sostenibilità sta agendo come propulsore dell’industria italiana, confermandone il ruolo di partner di riferimento per le realtà di fascia più alta. Il tema è al centro di un ampio dossier in uscita sul prossimo numero di Pambianco Magazine.
Tornando al rapporto, i ricercatori hanno seguito un ‘tipica’ catena di produzione di un paio di jeans: dalle piantagioni di cotone alle tessiture in India, dalle fabbriche di prodotti finiti in Bangladesh al trasporto verso i mercati europei. L’Impact Institute ha poi calcolato il gap di prezzo tra l’acquisto dei retailer e i costi di produzione totali effettivi, compresi i risvolti ambientali e l’impatto sulla società locale. I “costi esterni” più significativi sono legati, secondo il rapporto, alla trasformazione del cotone in denim. Sotto la lente anche il consumo di acqua in comunità dove l’approvvigionamento è problematico e lo sfruttamento minorile.
Secondo Euromonitor, il mercato del jeans raggiungerà quota 59 miliardi di dollari (circa 53 miliardi di euro) nel 2020, confermando la doppia identintà di tessuto pensato per il lavoro, e di territorio di sperimentazione stilistica. Nell’ultimo anno, del resto, il denim è tornato al centro delle strategie dei brand: da chi fa jeans da sempre, come Levi Strauss, a chi, come Calvin Klein, Vf Corporation o J. Crew, ha deciso di spingere su questo segmento dell’offerta nel pieno di un generale riposizionamento del fashion americano. Nel 2018, riferisce Bloomberg, l’industria Usa del jeans è tornata alla crescita (+2,2%) dopo “quattro anni consecutivi di declino”.