Anche il mercato del lavoro del settore moda affronta una nuova dimensione di complessità. Mentre, dal lato dell’offerta, le aziende di standing più elevato lamentano la mancanza di manodopera qualificata per far fronte a potenziali incrementi di produzione, su un altro fronte aziendale, quello dei terzisti, si lamenta l’assenza di commesse. E, di conseguenza, si profilano licenziamenti se non chiusure di aziende. È un paradosso italiano? Solo in apparenza. La percezione è che il processo di reshoring dei brand sia in atto da qualche anno, ma che gli investimenti si focalizzino su strutture e aree precise, molto specializzate. In queste aree, si evidenzia la necessità di manodopera all’altezza. E l’impressione è che i brand sarebbero pronti a investire ulteriormente se ci fossero sistemi attrezzati per affrontare la sfida 4.0, cioè la massima trasparenza della filiera e la sua connessione reale e continuativa col mercato. Insomma, chi denuncia lo stato di crisi di alcuni distretti e la disoccupazione crescente, dovrebbe analizzare maggiormente la causa della mancanza di commesse. Non siamo più nell’epoca del ‘brand che passa di qua e mi lascia una commessa perché vede la mia capacità produttiva’. E non siamo più nemmeno nell’epoca del ‘brand che va all’estero a caccia di un prezzo stracciato perché se ne frega della filiera italiana’. L’imprenditore non fa scelte di questo genere per generosità o patriottismo. Viceversa, oggi il brand è fortemente interessato a investire su ciò che possa garantirgli un nuovo posizionamento che accorci la distanza tra consumo e produzione. Per esempio, è interessato a investire su una filiera capace di garantire la gestione completa in blockchain del prodotto, attraverso cui certificare i materiali, la provenienza, la qualità del lavoro. E, ancor più, su una filiera in grado di connettersi con il mercato in tempo reale. Sembra fantascienza? Questo è il problema: il livello di conoscenza e di formazione non si è ancora adeguato all’accelerazione del cambiamento tecnologico. Lo sforzo, su questo fronte, dovrà essere consistente. Ma le opportunità di risveglio per la filiera made in Italy saranno notevoli, se smetterà di considerare come fantascienza una realtà che è già qui.