Le aziende italiane del retail perdono circa 2,3 miliardi di euro all’anno a causa di furti e rapine. E, a registrare le maggiori perdite in questo senso, sono i settori dell’abbigliamento-fast fashion e delle calzature-accessori, oltre a quello della grande distribuzione organizzata.
La cifra, emersa da uno studio condotto da Crime&tech, spin-off company del centro Transcrime di Università Cattolica del Sacro Cuore, in collaborazione con il Laboratorio per la Sicurezza e il supporto di Checkpoint Systems, rappresenta in media l’1,1% del fatturato del settore, e sale complessivamente a 3,4 miliardi di euro se si considerano anche le spese in sistemi di sicurezza. Il report riguarda il 2016, ed è il risultato di un’analisi condotta su oltre 8mila punti vendita in tutta Italia, corrispondenti a circa il 12% del fatturato dell’intero settore.
Le regioni più colpite sono risultate essere Campania, Puglia ed Emilia-Romagna, con una maggiore concentrazione territoriale nella bassa padana (tra Alessandria e Bologna), nelle province di Bari e Brindisi e nell’area compresa tra Napoli e Cosenza. Tra le cause di perdita, prevalgono taccheggi e rapine ad opera di soggetti esterni, seguiti da furti interni (ad opera di dipendenti) e da quelli nella catena logistica.
Nello specifico, i punti vendita situati nei comuni più piccoli e periferici, meno densamente popolati, con pil pro-capite inferiore e tassi più alti di giovani e disoccupati, registrano differenze inventariali maggiori. In media, le perdite sono più alte nei negozi in centri commerciali che in città.
Infine, lo studio evidenzia come la spesa sostenuta per le misure di sicurezza è in media dello 0,5% del fatturato, ma oscilla tra lo 0,1% e l’1,2% a seconda del settore e con differenze anche all’interno dello stesso comparto.