Nel 2015, il mercato del lusso del Paese asiatico è cresciuto del 4%. L’Italia è il quarto fornitore di moda. Mentre Seoul si candida a nuovo trendsetter d’Oriente.
Un mercato sempre più vicino all’Europa, un Paese che si candida ad alleato importante dell’export italiano. Superata la definizione anni 90 di Tigre asiatica, e oggi alle prese con lo sviluppo di specializzazioni tipiche delle economie affermate, la Corea del Sud, la quarta economia dell’Asia dopo Cina, Giappone e India, si rivela una piazza di sbocco significativa per la moda italiana. A favore del Paese giocano l’entrata in vigore del trattato di libero scambio con l’Unione Europea, il crollo del mercato russo e, soprattutto, un’evoluzione culturale votata all’interscambio con l’Occidente. A cinque anni dalla firma del Free Trade Agreement con l’Ue, la Corea del Sud è oggi il nono partner commerciale del Vecchio Continente nel mondo (il disavanzo commerciale europeo precedente alla firma dell’accordo di libero scambio è diventato un surplus, con un aumento del 55% dell’export dell’Ue in Corea), nonché una scommessa vincente di molte aziende italiane, a partire da quelle dell’abbigliamento e dai player del lusso, che vi trovano un consumatore attento alla qualità e ricettivo rispetto alle nuove tendenze.
I NUOVI CONSUMATORI
“Molte imprese italiane – spiega a Pambianco Magazine Paola Bellusci, trade commissioner dell’Agenzia Ice di Seoul – sono arrivate in Corea del Sud nel momento in cui è venuto meno il mercato russo. è eccessivo parlare di approdo di seconda scelta, ma, sicuramente, il mercato ha riservato delle piacevoli sorprese, a partire dal profilo dei consumatori, assimilabili a quelli di un mercato maturo per personalizzazione dello stile, propensione a informarsi e a viaggiare, e per consapevolezza d’acquisto”. Bellusci descrive un audience che ha un’età media tra i 30 e i 40 anni, e che, se in passato era per lo più fedele ai marchi, ora presta maggiore attenzione alla qualità, al design e al fattore novità di un prodotto. Nel 2015 (ultimo dato disponibile), il mercato coreano del lusso, che comprende abbigliamento pelletteria e accessori, è cresciuto del 4% rispetto al 2014, per un giro d’affari di 10,8 miliardi di euro. Le vendite del canale retail hanno guadagnato 3,1 punti percentuali, mentre l’e-commerce dei prodotti moda ha registrato un +10 per cento. Sempre nel 2015, le importazioni coreane di abbigliamento sono aumentate dello 0,3% rispetto al 2014, per circa 7,2 miliardi di euro. L’Italia figura come il quinto Paese fornitore di moda in Corea, con esportazioni che lo scorso anno hanno messo a segno un +2,3% per oltre 328 milioni di euro, il 4,5% del totale import. Nello specifico, secondo i dati forniti dall’Istituto per il commercio estero, nel 2015 le esportazioni di prodotti tessili hanno registrato una crescita del 27,8%, mentre gli articoli di abbigliamento e gli articoli in pelle hanno segnato rispettivamente un +15,7% e un +6,8 per cento. Il mercato coreano si presenta oggi polarizzato, con una divisione delle tendenze di consumo tra “luxury” e “cheap chic”. “Tuttavia, l’area intermedia, soprattutto la fascia del cosiddetto lusso accessibile, va guadagnando sempre più terreno, a vantaggio delle produzioni di qualità. Qui il made in Italy trova notevoli margini di crescita e una possibilità di assorbimento maggiore a quella che può offrire, per esempio, il mercato giapponese”, riprende Bellusci. Secondo i dati della Banca Centrale della Corea del Sud, nel 2014 il Paese ha registrato un aumento del Pil pari al 3,3%, tasso di crescita che nel 2015 è sceso al 2,6%, riflettendo il rallentamento di importanti piazze di sbocco, in primis la Cina, e una frenata dei consumi interni. Per il 2016, il Fondo monetario internazionale prevede che la crescita dell’economia della Corea del Sud si attesterà al 2,7%, per poi accelerare al 3% nel 2017. Dall’inizio del 2014 il governo guidato da Park Geun-hye è impegnato nell’attuazione di un piano economico triennale che ambisce a una crescita superiore al 4% annuo e che si fonda, tra i diversi provvedimenti, sulla creazione di un business environment che faciliti la trasformazione di progetti innovativi in valore aggiunto, e sul rilancio della domanda interna. Al centro dell’agenda economica anche una maggiore apertura alle imprese straniere.
UN’ECONOMIA AFFERMATA
“Il clima economico – aggiunge Bellusci – non è più quello della tigre asiatica di fine anni 90. Il mercato è affermato e i diversi player devono oggi sapersi specializzare in modo da creare dei vantaggi competitivi. L’indebitamento privato nel Paese rimane alto e i consumi hanno rallentato, sfavoriti, nel 2015, anche dalla Sindrome Respiratoria Mediorientale da Coronavirus (Mers), un’epidemia che ha frenato il commercio al dettaglio. Eppure, ci sono settori come quello del lusso che hanno continuato a registrare trend di crescita e su cui si continua a scommettere e a investire”. La manager Ice ricorda poi il ruolo trainante degli acquisti dei turisti cinesi, per i quali oggi è molto più facile ottenere visti per la Corea del Sud.
SEOUL E LA KOREAN WAVE
Dal canto loro, fa sapere l’Ice, le aziende internazionali della moda puntano sui consumatori coreani di fascia alta e sul ruolo di Seoul come fashion hub e fucina di tendenze: la capitale del Paese sta infatti emergendo come nuova vetrina della moda in Asia, favorita anche dalla popolarità della cultura pop coreana, nota come Halliyu o Korean Wave, che conta numerosi seguaci a livello internazionale e agisce da cassa di risonanza per i nuovi trend. Ne sanno qualcosa i buyer coreani, che oggi lavorano anche per insegne cinesi, estendendo la propria influenza oltre i confini nazionali. In questa prospettiva, il colosso Lvmh, nel 2014, ha acquistato azioni di Yg Entertainment, una delle principali agenzie coreane dello showbiz, per 80 milioni di dollari. E, sempre per lo stesso effetto di risonanza, il Paese diventa periodicamente teatro per passerelle d’autore (Prada nel 2009, Fendi nel 2011, Chanel nel 2015). Infine, è delle scorse settimane la notizia di uno stanziamento di 27 milioni di dollari (circa 24 milioni di euro) per l’industria locale della moda da parte del Motie-Ministry of Trade, Industry and Energy. Secondo quanto riportato da The Korea Herald, l’importo dovrebbe sostenere circa 300 brand, in buona parte emergenti, nelle attività di ricerca, produzione e promozione delle collezioni, anche attraverso il lancio di una piattaforma di e-commerce. “Forti dello sviluppo tecnologico del nostro Paese e della popolarità della nostra cultura, crediamo che l’industria della moda e del lifestyle possa trainare le esportazioni”, ha dichiarato alla stampa locale il vice ministro del Motie Lee Kwan-sup.
di Giulia Sciola