Dopo anni di difficoltà, il settore sembra vivere una fase di rilancio, trainato dal food e dalla moda. Quest’ultima è tra i segmenti più vivaci: +1,5% i ricavi 2015.
Italia fanalino di coda del franchising nel mondo. Ma con molte possibilità ancora inespresse e da cogliere per alcuni settore chiave, tra cui la moda. Secondo le rilevazioni di Assofranchising, l’associazione nazionale italiana che riunisce aziende e operatori lungo lo Stivale, l’incidenza dei negozi in franchising sul totale è del 7 per cento. Numeri piuttosto limitati se si condera invece la penetrazione di questo canale di vendita in Francia (dove questo tipo di distribuzione nacque negli anni Trenta) e Germania, sopra il 10%, per arrivare addirittura al 30% degli Stati Uniti. Sono soprattutto numeri che indicano lo spazio che questo ambito, potenzialmente, ha ancora a disposizione in Italia. Lungo lo Stivale, il boom del franchising è avvenuto soprattuto a partire dagli anni Settanta. Nel 1989 i franchisor in Italia erano 210 e i franchisee poco più di 10mila, ma, già dieci anni dopo, i franchisor erano 586 e i negozi quasi triplicati a 28mila. La crescita è proseguita anche dal 1999 al 2007 (franchisor +58%, franchisee +87%) prima del rallentamento negli anni della crisi. Nel quinquennio 2009-2014, il giro d’affari del settore ha dato comunque prova di aver retto il crollo dei consumi. Il giro d’affari è aumentato del 4,2%, la flessione dei punti vendita attivi si è attestata sul 3,5%, gli addetti sono cresciuti del 4,1% e infine il settore ha riscontrato un aumento significativo del 14,5% del numero di franchisor. Come per il retail, anche per il franchising ora si torna a parlare di ripresa, soprattutto per alcuni settori chiave come la moda e, soprattutto, il food, e con focus particolare nel canale dei centri commerciali, dove gli incassi hanno cominciato a salire a partire dalla seconda metà dello scorso anno. Trend, peraltro, che dovrebbe proseguire anche quest’anno, trainata anche dallo sviluppo dei nuovi mega shopping center. Nel 2015 il giro d’affari dell’intero franchising in Italia, che conta su una rete di oltre 50mila punti vendita, si è attestato sui 23,3 miliardi di euro. Il dato si riferisce a tutti i settori interessati a questa formula, dai servizi ai prodotti per il consumo, e che hanno registrato una crescita attorno allo 0,8 per cento.
LA MODA TRA I MIGLIORI
Di questi, il macro settore della moda e degli accessori è quello che ha messo a segno la performance migliore. “Nel 2015 è cresciuto tra l’1 e l’1,5% – ha precisato a Pambianco Magazine Italo Bussoli, neo presidente di Assofranchising – quindi meglio rispetto alla media nazionale. In positivo sia le vendite del childrenswear, uno tra i settori più forti nel segmenti del franchising di moda in Italia, sia la moda donna, mentre resta discreto l’andamento della moda uomo. Molto bene poi l’intimo e la moda mare che ha totalizzato un incremento dello 0,7%”. Si tratta di performance di rilievo se si considera che, a livello di fatturato, il settore della moda e degli accessori rappresenta più di un quinto del totale, per la precisione il 23-24 per cento. L’annuale rapporto Confimprese, l’associazione che riunisce le imprese del commercio (franchising, gdo e reti dirette), evidenzia un aumento secco delle aperture in franchising del 18% sul 2015. Ad aprire i battenti saranno 928 negozi per un totale di 5.508 nuovi addetti impiegati. “Crescono – sottolinea Mario Resca, presidente Confimprese – non solo i nostri comparti tradizionali, abbigliamento e food/ristorazione, ma anche i settori minori in termini di rappresentatività, come ottica, arredamento, prodotti erboristici, oggettistica per la casa. Segno che nel carrello della spesa il consumatore comincia a rintrodurre beni non di prima necessità. Il fashion è il settore numero uno per nuove aperture, 473 pari al 50% del totale, seguito dall’alimentare con 159 nuovi locali, in cui lo street food è in forte ascesa”.

QUELLI CHE PUNTANO SUL NETWORK
Sono diversi i marchi che hanno fatto del franchising la formula ideale di crescita del loro network. Intimissimi, per esempio, sul suo sito dichiara di contare su una rete di franchising di oltre 1.100 negozi sparsi in più di 22 Paesi al mondo (ma, per quanto riguarda l’italia, il gruppo comunica che “lo sviluppo è completo”). Sul fronte degli accessori, Carpisa ha sviluppato un network di oltre 600 punti vendita in Italia e nel mondo. I numeri del franchising di Brums, per il mondo del childrenswear, evidenziano una rete di 220 punti vendita monomarca su tutto il territorio. E gli esempi sono molteplici, da Piazza Italia alla svizzera Tally Weijl, Original Marines e Camomilla Italia per citare i più celebri nel settore moda. “Quel che abbiamo notato è che, rispetto al passato, i grandi marchi della moda offrono facilitazioni sul fronte dell’arredamento del punto vendita – ha aggiunto Bussoli – per venire incontro ai franchisee e alla necessità di rivitalizzare anche l’immagine dei negozi”. Il fermento del settore ha coinvolto anche il mondo fieristico. A fine aprile è andata in scena, nei padiglioni della fiera di Bologna, la prima edizione di Franchising&Retail Expo, il salone organizzato da BolognaFiere in collaborazione con Assofranchising, che va ad arricchire la proposta di manifestazioni dedicate al settore (Franchising Nord a Piacenza a maggio, e Salone Franchising Milano in programma a novembre). Il salone ha ospitato oltre 190 brand che rappresentano uno spaccato variegato dei settori merceologici che puntano sui network di insegne: dopo il food, l’abbigliamento è uno dei principali con una quota del 10 per cento.
di Milena Bello