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Le griffe, sul web, dimenticano il ‘made in’

Una pagina del sito di Loro Piana, con la specifica sul made in Italy

Le griffe, sul web, dimenticano il ‘made in’

Di Caterina Zanzi
18 Aprile 2016

La trasparenza online sull’etichettatura di origine non è una pratica così comune per le aziende di moda. Stando a un report di Exane Bnp Paribas in collaborazione con ContactLab, volto ad analizzare la competitività digitale dei brand, soltanto la metà dei marchi del fashion presi in considerazione condivide sulle proprie pagine web l’origine dei propri prodotti.

Il periodo di riferimento è l’autunno dello scorso anno, mentre il Paese preso in considerazione sono gli Stati Uniti. Tra le griffe che hanno scelto di condividere con i propri utenti online il ‘made in’ ci sono alcuni brand di Kering (Balenciaga, Bottega Veneta, Gucci, Saint Laurent), Brunello Cucinelli, Fendi, Ferragamo, Tod’s e Valentino. Tra chi invece non inserisce alcuna dicitura, Bulgari, Cartier, Céline, Chanel, Coach e Prada. Raramente, infine, lo fanno altri marchi come Dolce&Gabbana, Givenchy, Hermès e Louis Vuitton. Lo scorso anno, Loro Piana ha aggiunto la dicitura ‘made in Italy’ alle proprie pagine prodotto, mentre Moncler l’ha eliminata.

Secondo gli esperti, francesi e americani possono trare un certo vantaggio nel non spingere sulla trasparenza, in quanto non farebbe gioco dichiarare che i loro prodotti, in effetti, sono fatti in Italia. Per contro, per gli italiani, quando mantengono la produzione nazionale, la dimenticanza si traduce in un autogol, addebitabile a un’incapacità di valorizzare i propri prodotti.

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