Per gli operatori si assiste a un ritorno ai valori originari dei brand. Una strategia che aiuta a fare chiarezza in un momento complesso. Le opportunità in rosa.
L’alta orologeria, alla scorsa edizione di Baselworld, ha riscoperto il proprio Dna. Infatti, se in passato diverse maison avevano rischiato di perdere l’identità adottando una politica orientata alle richieste della clientela, ora più che mai le lancette svizzere mettono in scena i propri valori ritornando alle origini. “Si nota la volontà di attuare una politica conservativa – ha dichiarato a Pambianco Magazine Aldo Brix, direttore generale dell’orologeria Luigi Verga –. C’è il desiderio di non discostarsi molto dalla tradizione del marchio stesso e in particolar modo quello di cercare il consolidamento di modelli che sono sul mercato da diversi anni e che hanno ricevuto il consenso del mercato”. Le collezioni presentate a Basilea, quindi, non hanno messo in scena novità assolute, ma hanno rappresentato un chiaro ritorno alle caratteristiche identificative di una maison. Poiché il target a cui si riferisce l’orologeria è generalmente alto-spendente, questa inversione di marcia rappresenta anche un’opportunità: “In questo modo le maison propongono al cliente finale oggetti che non vadano fuori moda nel giro di poco tempo e, quindi, una spesa così importante ha più senso di esistere – ha spiegato Serena Pozzolini Gobbi, titolare dell’orologeria Gobbi 1842 –. I marchi che trattiamo (Rolex, Patek Philippe e Tudor, ndr) non seguono le tendenze, ma fanno fede alla loro filosofia”. Prezzi elevati, manca focus europa La crisi ha colpito il comparto e l’export delle lancette svizzere ha subito un calo del 3,3% nel 2015. Come molti altri mercati, anche quello dell’orologeria risente di fattori geopolitici e sociali, ma il fatto che i marchi si stiano concentrando sui propri valori è un dato rassicurante: “Siamo felici di ospitare marchi con le idee chiare sui mercati da toccare e su cosa vogliono puntare – ha commentato Chiara Pisa, direttore generale di Pisa Orologeria –. E anche del fatto che abbiano capito che non ci si può spingere più di tanto in alto col prezzo perché, così facendo, non si ottiene il riscontro della clientela più ampia. Troppo spesso si è pensato che bastasse un nome per giustificare una spesa elevata, ora stanno lavorando bene le marche che hanno proposto un buon rapporto qualità prezzo”. Di certo sono cambiate le priorità rispetto ai consumi, soprattutto per quanto riguarda la fascia media della popolazione, ma la crisi del comparto potrebbe essere dovuta anche ad alcune discutibili politiche delle case orologiere: “La contrazione è sicuramente legata al mercato, ma anche alla strategia di fornire meno prodotto ai concessionari europei – ha continuato Brix –. A volte, inoltre, sul nostro mercato vengono immessi prodotti poco appetibili per il gusto della clientela europea”. Le maison non dovrebbero trascurare il mercato europeo perché “gli orologi vengono realizzati in Europa e, su questo mercato, sono presenti i maggiori collezionisti del mondo, che hanno sempre dato una risposta positiva – ha sottolineato Bartolomeo D’Arienzo, direttore della boutique Rocca 1794 di Bari –. In generale, tuttavia, il problema sono i prezzi elevati. C’è una contrazione di consegne sul mercato italiano, ma non bisogna dimenticare che l’Italia è uno dei Paesi con il maggiore flusso di turismo al mondo: magari non sono gli italiani a effettuare l’acquisto, ma i turisti sono molto portati a farlo”.

LA POSSIBILITÀ DEL FEMMINILE
Il mercato femminile, per l’orologeria, pesa il 40 per cento. Un dato interessante, soprattutto perché è un segmento ancora in via di sviluppo. E anche perché si è sempre pensato che le lancette fossero un prodotto maschile. Le donne, infatti, hanno diverse valvole di sfogo: hanno più categorie merceologiche tra cui scegliere rispetto agli uomini, su tutte gli accessori e i gioielli. Ma, nonostante ciò, alla scorsa edizione di Baselworld si è vista “una tendenza verso il femminile a 360° – ha continuato D’Arienzo –. È sicuramente un segmento da far crescere, tant’è vero che molte case hanno prodotto automatici da donna lasciando andare il quarzo. Questo significa che il target femminile non richiede solo orologi, ma prodotti di qualità”. Tuttavia, resta un mercato non semplice da approcciare proprio perché “alle donne piacciono prodotti diversi da quelli amati dagli uomini, ma molte maison si stanno comunque rivolgendo a questo mercato ampliando i quadranti – ha proseguito Gobbi –. Patek Philippe, inoltre, ha sempre avuto una collezione dedicata alla donna”. Avvicinare il target femminile comporta diversi ostacoli, ma anche un’opportunità: vista la crisi che ha colpito il comparto, ampliare la propria clientela è sicuramente una bella carta da giocare.
di Letizia Redaelli