Si dice che sognare non costi nulla. Ma se il sogno è in affitto, costa anche meno. Se l’oggetto del desiderio, per esempio, è un abito da sposa, sempre più donne scelgono di noleggiare il vestito per il proprio matrimonio. Una decisione che può sorprendere, se si pensa al tradizionale significato affettivo attribuito all’abito nuziale. Ai sentimentalismi, però, si può anche rinunciare pur di risparmiare. Quello del vestito da sposa è probabilmente uno dei casi più evidenti in cui la consapevolezza economica ridisegna (ridimensiona) i costumi, anche quelli più radicati dal punto di vista culturale. Perché investire tanti soldi in un abito che, in fin dei conti, non verrà più indossato dopo il fatidico ‘sì’? Se lo sono chiesto le ideatrici di Borrowing Magnolia, un progetto nato di recente per iniziativa di tre donne americane. Basta accedere al sito della boutique e inserire i dati delle proprie misure, dopodiché ci si potrà sbizzarrire sulla scelta del designer, del tessuto e della forma dell’abito. Avrete così accesso ad un vasto catalogo da sfogliare, prima di selezionare l’acquisto. Se poi aveste bisogno anche di una damigella d’eccezione, date uno sguardo a Rent a wedding dress, con una sezione ad hoc riservata.
Il vestito da sposa, per quanto estremamente simbolico, è soltanto l’ultima frontiera di una tendenza che da anni coinvolge non solo abiti, ma anche scarpe, borse e gioielli. Tutto può essere condiviso, a patto che, dopo l’uso, lo si restituisca. Borrowing Magnolia si inserisce nel solco tracciato negli Stati Uniti da Rent the Runner, Wear Today Gone Tomorrow, Girls Meet Dress, solo per citare alcuni dei siti che offrono una varietà di capi da sogno fruibili a prezzo di saldo. Ecco allora che, per esempio, è possibile noleggiare con poco più di 200 dollari un abito che, al dettaglio, costerebbe dieci volte tanto. Iniziative di questo genere non mancano anche in Italia con My secret dressing room, un megaguardaroba online creato grazie alla collaborazione di chi ha voluto mettere in affitto i propri capi più pregiati messi in disparte, nella speranza di avere un discreto ritorno economico.
A sposare la “sharing economy” non è però soltanto il mondo del fashion. Dal 2008 ad oggi, quattro milioni di persone hanno scelto l’alloggio delle proprie vacanze tramite Airbnb, un sito dedicato alla locazione di appartamenti e camere. Chi può e vuole affittare il suo immobile entra in una comunità virtuale: il ventaglio dell’offerta è vastissimo e il metodo di acquisto veloce e intuitivo per sistemazioni adatte a qualsiasi portafoglio. Basta una email per mettersi in contatto con il proprietario dell’alloggio scelto e il gioco è fatto. Un sistema simile consente di affittare un appartamento con Flipkey o Vrbo, il sito di ‘vacation rentals’ più popolare negli States. Un successo che ha spinto anche Four Seasons, la nota catena di lusso, ad ampliare il proprio business con il recente lancio di Four Seasons Vacation Rental, un sito dedicato all’affitto di appartamenti, residence e ville esclusive riservate, giocoforza, a chi dispone di un budget decisamente più alto.
E se è vero che tre indizi fanno una prova, a testimoniare la rapida evoluzione verso una società in cui tutto è destinato ad essere condiviso, a conferma delle previsioni di Jeremy Rifkin in ‘L’era dell’accesso’, c’è anche il grande successo del car sharing. Con buona pace delle case automobilistiche (e dei taxisti) che hanno visto crescere la concorrenza. Dopo gli ottimi risultati ottenuti in tutto il mondo, le auto ‘part time’ hanno acceso i motori anche in Italia. A fare da apripista, Milano che ha visto riempirsi le strade di Car2go, Enjoy, Twist, GuidaMi, e la lista è destinata ad allungarsi. Anche in questo caso, usufruire del servizio è molto semplice. Per scoprire quale sarà la prossima frontiera dello sharing è solo questione di tempo.