Elon Musk, tre anni fa, era un nome che in Italia diceva poco o niente. Non era chiaro nemmeno che quelle due strane parole da quattro lettere ciascuna fossero il nome e cognome di una persona. Nel febbraio 2011, l’imprenditore sudafricano, fondatore della casa di automobili elettriche di lusso Tesla, aveva presenziato a Milano all’inaugurazione del showroom italiano del marchio. Durante le interviste, Musk si era mostrato, come la maggior parte dei manager anglosassoni, disponibile e amichevole, calmo e perfettamente a suo agio di fronte alla telecamera. Il viso squadrato, la fronte ampia, il sorriso rilassato che ricorda Mickey Mouse, gli occhi di ghiaccio, più grigi che azzurri, comunicavano entusiasmo ma non eccessiva eccitazione, sicurezza ma non arroganza. Musk si era detto ammirato dal gusto degli italiani in fatto di motori deluxe e fiducioso sul fatto che avrebbero apprezzato anche quelli ‘green’ di Tesla. Alla domanda sui suoi progetti futuri, come niente fosse, aveva annunciato l’imminente debutto sul mercato della prima berlina di Tesla, la Model S (a detta sua “paragonabile alla Maserati Quattroporte”) e, con la sua azienda aerospaziale Space X, “il lancio di un veicolo spaziale che ritornerà sulla Terra e, tra qualche anno, dei primi astronauti”. Maserati elettrica?! Astronauti?!
Questo Musk, nell’immaginario italiano, apparve più vicino a Giulio Verne che ad altri grandi sognatori-imprenditori moderni come Richard Branson, quello che, con Virgin, è passato dalla musica ai viaggi (anche lui) nello spazio. Ebbene, a tre anni di distanza, Mickey-Mouse-Musk ha guadagnato milioni e si è guadagnato “spazio” nel novero di quelli che hanno in mano le carte da giocare sul futuro. Sulla versione italiana di Wikipedia, Musk è definito “un imprenditore statunitense, nato sudafricano”. Su quella in inglese, è citato come “business magnate, inventor and investor”, ovvero “magnate del business, inventore e investitore”. E quest’ultima descrizione è assai più vicina al vero.
Nato a Pretoria nel ’71 da padre ingegnere e madre nutrizionista canadese, l’oggi 43enne Musk già in tenera età mostrava i primi segni del suo genio. Bambino brillante e un po’ nerd, a soli 12 anni ha messo a punto la sua prima invenzione, il videogioco ambientato nello spazio Blastar, che oggi racconta di aver poi rivenduto per 500 dollari. Trasferitosi in Canada, e quindi negli Stati Uniti, si laurea in fisica ed economia prima di ottenere una borsa di studio per la prestigiosa Stanford University. Tuttavia, piuttosto che ai corsi, inizia a dedicarsi al suo business e nel ’95, appena 23enne, insieme al fratello Kimbal crea il software Zip2, da lui definito in un’intervista “l’antenato di Google Maps”. Accolto tra critiche e scetticismo in un periodo in cui il web era ancora agli albori, nel ’98 Zip2 viene venduto dai Musk per oltre 300 milioni di dollari. È qui che il giovane Musk, da “inventore” (anche se lui preferisce descriversi come “ingegnere”) inizia a diventare anche un ricco “magnate del business”. Ruolo che trova ulteriore conferma qualche anno dopo, nel 2002, quando il colosso del web Ebay compra per 1,5 miliardi di dollari PayPal, ancora oggi il sistema di pagamento online più famoso e usato al mondo, nato dalla fusione tra un’altra sua ‘creatura’ risalente al ’99, la X.com, e una società concorrente.
Musk, però, non si ferma affatto e continua a sfornare idee sempre più visionarie e a lavorare e investire per metterle in pratica. Dopo essersi dedicato al mondo virtuale, decide di passare ad altre due delle cinque aree secondo lui “fondamentali, che avranno il maggiore impatto sul futuro dell’umanità”, come ha spiegato in una recente intervista a Ilfattoquotidiano.it. Oltre al web, tali aree “sono le energie rinnovabili, la vita multi-planetaria, riscrivere la genetica e l’intelligenza artificiale”. Non potendo (o non volendo?) agire nei secondi due ambiti, Musk si dedica a trovare alternative ai combustibili fossili e fonda Tesla, la prima casa automobilistica al mondo a produrre vetture elettriche deluxe. La sfida di rendere attraenti, per gli appassionati di vetture sportive, automobili elettriche, silenziose e da ricaricare in apposite stazioni chiamate Supercharger, inizialmente sembra fallire. Invece, con il lancio sul mercato della Model S, Tesla fa il boom. La Model S nel 2013 è l’auto più venduta in Nord America tra quelle a pari prezzo, e i ricavi di Tesla crescono del 500% nel 2013, balzando dai 298 milioni del 2012 a 1,79 miliardi. Le prospettive, con l’aumento della produzione e il potenziale di crescita in Europa e in Asia, sono più che rosee.
Tant’è che, nel giugno di quest’anno, Musk annuncia la decisione di rendere open source la tecnologia di Tesla, rinunciando ai brevetti registrati in nome di “un avanzamento della tecnologia dei veicoli elettrici”, come dichiara lui stesso. Un passo che solo un’azienda sicura della propria leadership può permettersi. Ma che non è una novità per Musk, il quale l’anno scorso aveva già condiviso su internet il progetto di Hyperloop, un mezzo di trasporto innovativo basato su tubi d’acciaio, ad altissime prestazioni e basso costo, “nella convinzione che attuarlo sia d’interesse della comunità”.
D’altronde lui non avrebbe il tempo di seguirlo ‘nei dettagli’. Oltre a Tesla, sempre nell’ambito delle energie rinnovabili, ha anche l’idea originaria di SolarCity, azienda di produzione di pannelli fotovoltaici poi fondata dai suoi cugini Lyndon e Peter Rive, ma di cui Musk è il maggiore azionista. I suoi pannelli solari, a differenza di quelli comuni, poco efficienti, costosi e di scarsa durata, sono ad alta efficienza, più economici perché prodotti in grandi quantità sfruttando sinergie con Tesla, e longevi. E così, oggi, SolarCity è il secondo maggior produttore di sistemi energetici basati sul sole negli Stati Uniti.
Parallelamente alle attività ‘green’, Musk si interessa all’universo. Nel 2002 fonda la società aerospaziale Space X, con cui oggi è arrivato a stringere un contratto da 1,6 miliardi di dollari con la Nasa grazie alla produzione dei razzi ‘intelligenti’ Falcon e Dragon, in grado di tornare sulla Terra invece di finire perduti nell’oceano e quindi di far scendere il costo del lancio dai 50 milioni di dollari attuale a 50mila dollari. Non solo. Space X sta anche progettando lo sbarco su Marte, secondo Musk possibile alternativa “in caso qualcosa vada storto sulla Terra”.
Perché il progetto vada in porto, Musk ha parlato di una dozzina di anni, o anche dieci. L’avesse detto qualcun altro, suonerebbe una baggianata. Ma trattandosi di colui che negli States è conosciuto come ‘il Tony Stark in carne e ossa’ (pare che il personaggio di Tony Stark, protagonista del film ‘Iron Man’, sia ispirato proprio a Musk, che peraltro nel film compare per pochi minuti interpretando se stesso), non si può che dargli retta. E iniziare a considerare un trasloco ‘marziano’.