La produzione delle aziende calzaturiere nei primi nove mesi del 2013 è tornata a crescere, ma, avverte sconsolato il presidente di Assocalzaturifici Cleto Sagripanti, “il divario tra mercato estero e interno si sta trasformando in un baratro”. La disparità tra queste due rette, che davvero paiono non incontrarsi mai, è ben espressa dai numeri: alla vitalità dell’export (che segna un incremento del 4,4% a 6,3 miliardi di euro per 173,5 milioni di paia di scarpe vendute oltre confine) si contrappone la frenata delle importazioni, che perdono lo 0,2% in quantità e l’1,5% in valore.
Nonostante le fatiche sul fronte interno, l’incremento medio della produzione nel terzo trimestre del 2013 è stata dell’1,4% in quantità è del 2,9% in valore. Bene, ma non benissimo l’Unione europea – dove ancora vendiamo 7 scarpe su 10 -, che cresce dell’1,2% in valore e dello 0,8% in volume. A crescere, però, sono i mercati extra Ue (+8,3% nel complesso, con un +3,2% in quantità). A fare bene, soprattutto, gli Stati Uniti e il Canada (rispettivamente, +4,2% e +13 per cento), ma anche Russia, Kazakistan e Ucraina (+10,5%, +9,1% e +7,9%) e i mercati del Far Est (+11,8 per cento). A segnare picchi record, invece, le esportazioni in Corea del Sud (+12%) e, soprattutto, in Cina, che vola del 25,2 per cento.